Aspetti patologici della CILA
Provvedimenti amministrativi destinati ad inibire gli effetti della comunicazione di inizio lavori asseverata. A cura dell'Avvocato Marco Luigi Marchetti.
Spesso si assiste alla utilizzazione di formulari non corretti relativi alla CILA, soprattutto quando l’intervento debba essere interdetto per contrarietà ai presupposti di legge.
Al fine di individuare il provvedimento con il quale l’amministrazione potrebbe paralizzare gli effetti della comunicazione di inizio lavori asseverata presentata del privato, occorre anzitutto inquadrare correttamente tale istituto e comprendere quali siano gli aspetti patologici dell’atto in questione.
La prassi riscontrata negli Enti locali evidenzia che il provvedimento emanato al fine sopradescritto consiste quasi sempre in una dichiarazione di inefficacia della CILA, vale a dire, cioè, in un atto teso a paralizzarne gli effetti interdicendo la possibilità di realizzare l’intervento richiesto.
Una riflessione sulla natura della CILA si rende qui doverosa, poiché la semplice dichiarazione di inefficacia può risultare, almeno in alcuni casi, impropria se non insufficiente.
La CILA, così come disegnata oggi dal nostro ordinamento, è una mera comunicazione con cui il privato dichiara all’amministrazione di iniziare dei lavori e ne descrive le qualità e l’entità. Non è un provvedimento e infatti non si impugna:” In caso di c.i.l.a., l'azione impugnatoria è inconfigurabile sotto il profilo ontologico e strutturale, a causa dell'inesistenza di un atto amministrativo (fittizio di diniego) qualificabile come di esercizio della funzione amministrativa di controllo della comunicazione. Gli interessati, quindi, possono esclusivamente sollecitare le verifiche di competenza dell'Amministrazione e, in caso di inerzia, esperire l'azione avverso il silenzio inadempimento” ( Cons. Stato,IV, n.3275/2021) .
Essa ha valore puramente informativo e serve, come espresso in modo cristallino dal Consiglio di Stato nel suo parere n. 1784/2016, a rendere edotta l’amministrazione dell’esistenza dell’attività, in modo che essa “possa verificare che, effettivamente, le opere progettate importino un impatto modesto sul territorio”, mantenendo “sempre integro il potere di vigilanza contro gli abusi delineato in via generale all’art. 27 del DPR n. 380/2001”.
Se la CILA ha carattere puramente informativo e la sua efficacia consiste dunque nell’attitudine a portare a conoscenza dell’amministrazione l’esecuzione dei lavori, diventa particolarmente complicato disquisire su una sua eventuale inefficacia.
Di vera e propria inefficacia della CILA dovrebbe parlarsi, infatti, solo nei casi in cui essa sia incompleta, non permetta cioè all’amministrazione di dedurre dalla comunicazione le caratteristiche dell’intervento e ritenersi messa in condizione di poter esercitare i poteri di vigilanza contro gli abusi di cui all’art. 27 TU Edilizia. Laddove tale incompletezza non permetta neppure di individuare le caratteristiche essenziali dell’intervento che si vuole eseguire, o dell’immobile sul quale andrebbe eseguito, allora si potrebbe utilizzare la categoria dell’inesistenza poiché l’atto del privato mancherebbe degli stessi requisiti di legge indispensabili a configurarlo come CILA.
Va inoltre considerato che i provvedimenti con cui l’amministrazione dichiara l’inesistenza o l’inefficacia della CILA, a seconda del caso, debbano procedere logicamente l’avvio del procedimento per l’irrogazione delle sanzioni pecuniarie previste per l’esecuzione di lavori in assenza di CILA ed hanno un senso in quanto possono, se tempestivamente adottate, prevenire l’inizio delle opere in violazione, evitando al cittadino, da una parte, di incorrere in sanzione ed evitando all’amministrazione dall’altra, gli oneri relativi all’avvio di un procedimento sanzionatorio.
In altre parole, se gli interventi ancora non sono stati realizzati è possibile emettere una dichiarazione di inesistenza o inefficacia della CILA interdicendo la realizzazione di quegli stessi interventi oggetto di comunicazione, con avviso che in difetto l’amministrazione procederà nei modi di legge alla repressione dell’abuso.
Andrebbe poi ulteriormente distinto il caso in cui la CILA risulta completa e astrattamente idonea a produrre i propri effetti ma, tuttavia, utilizzata per comunicare lavori che avrebbero dovuto essere autorizzati da permesso per costruire; oppure anticipati da SCIA. In questo caso non si tratterebbe tanto di inefficacia quanto piuttosto di illiceità poiché l’atto comunicativo del privato è certamente idoneo a rendere edotta l’amministrazione di cosa si sta facendo e la mette sicuramente in condizione di esercitare i propri poteri di vigilanza; tuttavia, l’intervento che si vuol porre in essere dovrebbe seguire un altro iter amministrativo che non è stato rispettato, quindi l’uso della CILA è illegittimo, mancando il riferimento al corretto istituto prescritto dal legislatore.
In questo caso è infatti improprio utilizzare il termine “inefficacia”: sarebbe più appropriato invece riferirsi all’illiceità del comportamento. Quindi, non contestazione d’inefficacia, ma di “uso illecito della CILA” in rapporto all’intervento prefigurato. Si tratta comunque di una distinzione sul filo di lana che non determinerebbe di certo l’illegittimità del provvedimento emesso dall’Ente, allorché correttamente motivato e chiaro nel suo scopo.( sul punto: T.A.R. , Milano , sez. II , 19/12/2022 , n. 2775 :”Pur in presenza di sempre maggiori spazi di semplificazione procedimentale anche in ambito edilizio esistono, tuttavia, dei limiti insormontabili che non consentono di derubricare gli interventi «maggiori » al titolo «minore» . Se, pertanto, il privato ha la possibilità di optare per il permesso di costruire, laddove gli sarebbe possibile agire tramite semplice D.I.A. (oggi SCIA), non vale il reciproco, per cui nei casi in cui è ritenuto necessario l' avallo esplicito dell' intervento, l' utilizzo di qualsivoglia altra forma di comunicazione, ivi comprese quelle nuove introdotte nel tempo (si pensi alla c.d. comunicazione di inizio lavori - C.I.L. o comunicazione di inizio lavori asseverata - CILA) appare sostanzialmente inutile. Esso, cioè, si palesa tamquam non esset ai fini della legittimazione dell' intervento, che resta abusivo e legittima l' intervento sanzionatorio del Comune nell' ambito del proprio generico potere di vigilanza ex art. 27 del T.U.E..
Si ritiene invece fondamentale il corretto richiamo, nei provvedimenti emanati dagli Enti, alla legge sul procedimento amministrativo, ovverosia gli articoli che dovrebbero guidare la stesura di eventuali atti interdittivi della CILA. Nella prassi dei Comuni si riscontrano riferimenti all’art. 10 bis della L. 241/1990 e all’art. 7 della medesima legge. Emergono tuttavia difficoltà ad inquadrare la “comunicazione d’inefficacia della CILA” nell’ambito delle comunicazioni di cui all’art. 10 bis L. 241/1990, rubricato “comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza”, che presuppone l’esistenza di un procedimento da avviarsi ad istanza di parte e l’esistenza di motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza proposta, chiaramente incompatibile con lo schema della CILA, in cui non vi è alcuna istanza da accogliere, ma una semplice comunicazione con cui il privato dichiara di voler iniziare lavori già ammessi e liberalizzati dalla legge. Anche il riferimento all’art. 7 L 241/1990 rubricato “Comunicazione di avvio di procedimento” appare non calzante poiché non chiarisce che tipo di procedimento debba essere avviato.
Viene definito “procedimento sanzionatorio” quello previsto per la mancata presentazione di CILA in occasione dell’esecuzione degli interventi ad essa soggetti prevista dall’art. 6 bis ultimo comma DPR 380/2001 e “procedimento repressivo” quello previsto per gli abusi edilizi dagli artt. 30 e ss. DPR 380/2001, nel caso in cui le opere eseguite a seguito della CILA sarebbero state soggette a Permesso per costruire o SCIA.
Deve anzitutto essere rilevato che affinché si possa parlare di avvio di procedimento sanzionatorio o repressivo dovrà essere presupposta l’esistenza di un intervento da sanzionare o reprimere. Ove alla CILA non sia seguito l’intervento si procederà con la dichiarazione di inefficacia, inesistenza ovvero utilizzo illecito della CILA accompagnata da un ordine motivato di non eseguire l’intervento richiesto. Ove i lavori siano invece iniziati, l’amministrazione avvierà le procedure di legge nei termini sopradescritti (procedimento sanzionatorio o repressivo)
ASPETTI PATOLOGICI DELLA CILA |
CORRISPONDENTI PROCEDIMENTI E PROVVEDIMENTI DELL’AMMINISTRAZIONE |
CILA incompleta |
Dichiarazione di inefficacia accompagnata dall’ordine di non eseguire l’intervento richiesto |
CILA carente degli elementi essenziali |
Dichiarazione di inesistenza accompagnata dall’ordine di non eseguire l’intervento richiesto |
CILA errata (necessità di altro titolo abilitativo) |
Dichiarazione di utilizzo illecito della CILA da parte del privato accompagnata dall’ordine di non eseguire l’intervento richiesto |
CILA non presentata ed intervento già eseguito |
Avvio procedimento sanzionatorio per mancata presentazione di CILA rispetto alla esecuzione di interventi ad essa soggetti ex art. 6 bis ultimo comma DPR 380/2001 |
CILA presentata in modo errato (necessità di altro titolo abilitativo) ed intervento già eseguito |
Avvio procedimento repressivo ex artt. 30 e ss D.P.R 380/2001 |
Le distinzioni citate comunque hanno natura descrittiva e teorica, perché per quello che si desume dalla giurisprudenza, la consueta definizione di “ dichiarazione di inefficacia” può nella pratica assolvere da contestazioni di illegittimità. Mentre non avrebbe la stessa sorte un “diniego” di CILA che mostra uno scardinamento dell’istituto anche da parte del comune. Si segnala un caso deciso dal Tar Salerno sul punto ove parla di nullità del diniego:T.A.R. , Salerno , sez. II , 10/10/2022 , n. 2627:”È nullo, ai sensi dell' art. 21-septies l. n. 241/1990 , il diniego di una c.i.l.a., in quanto espressivo di un potere non tipizzato nell'art. 6-bis d.P.R. n. 380/2001, salva e impregiudicata l'attività di vigilanza contro gli abusi e l'esercizio della correlata potestà repressiva dell'ente territoriale; l'attività assoggettata a c.i.l.a. non solo è libera, come nei casi di s.c.i.a., ma, a differenza di quest'ultima, non è sottoposta a un controllo sistematico, da espletare sulla base di procedimenti formali e di tempistiche perentorie, ma deve essere soltanto conosciuta dall'Amministrazione, affinché essa possa verificare che, effettivamente, le opere progettate importino un impatto modesto sul territorio, conseguendo a ciò che ci si trova di fronte a un confronto tra un potere meramente sanzionatorio (in caso di c.i.l.a.) con un potere repressivo, inibitorio e conformativo, nonché di autotutela (con la s.c.i.a.), quindi la c.i.l.a. non può essere oggetto di una valutazione in termini di ammissibilità o meno dell'intervento da parte dell'Amministrazione comunale, che ha comunque il potere di controllarne la conformità alle prescrizioni vigenti in materia”.