Indirizzi normativi
Comuni “ad elevato carico zootecnico”
Nei comuni “ad elevato carico zootecnico”, il PRG dovrà affrontare, con studi specifici, il tema della sostenibilità ambientale delle attività zootecniche presenti sul territorio comunale e configurare su tale sostenibilità il loro mantenimento e l’eventuale loro potenziamento. Lo studio dovrà verificare la compatibilità delle attività produttive zootecniche presenti e previste rispetto allo stato di salute delle acque superficiali, dei suoli dei loro bacini imbriferi e di quelle sotterranee, rispetto ai centri abitati ed alle aree urbanizzate, nonché alle risorse ambientali e culturali esistenti nei loro intorni, costatando o garantendo la possibilità di un loro uso virtuoso in base a principi di sostenibilità. L’elaborazione dello studio ed il conseguente aggiornamento del PRG su questo tema è condizionante l’autorizzazione di nuovi impianti o di potenziamento di quelli esistenti.
All’interno della fascia di 500 ml. dai corsi d’acqua superficiali, non è consentita la localizzazione di nuovi impianti zootecnici; è consentito invece il potenziamento degli impianti già esistenti o la loro trasformazione, purché con una capacità finale inferiore alla soglia degli impianti di grandi dimensioni [1] (3000 capi per gli allevamenti suini, 400 capi per gli allevamenti bovini, 200 capi per gli allevamenti ovini, 100.000 capi per quelli avicoli) e a condizione che vengano messi in atto presidi che garantiscano la non interferenza tra scarichi ed il corso d’acqua. Le stesse condizioni si applicano alla localizzazione di nuovi impianti e al potenziamento o alla trasformazione di quelli già esistenti nella fascia compresa tra i 500 ed i 1.000 ml. dai corsi d’acqua superficiali ( § Tav.A.6.3.9 ).
Nelle aree individuate come di “massima densità” (“di picco”), i Comuni, in sede di pianificazione urbanistica generale, valuteranno la opportunità di prevedere l’interdizione di potenziamenti o nuove localizzazioni di impianti produttivi, ovvero di individuarle, interamente o in parte, quali aree destinate alle attività produttive zootecniche ove, anche tramite strumenti urbanistici attuativi , siano previsti interventi integrati di mitigazione, gestione e controllo dei possibili impatti.
[1] Questa definizione di “impianto di grandi dimensioni” ha, nel presente studio, un valore esclusivamente legato al quadro del settore zootecnico analizzato dall’indagine. Le soglie indicate corrispondono alle dimensioni degli allevamenti, tra quelli presenti nella Provincia di Perugia, che più frequentemente si riscontrano là dove si configurano le situazioni di picco.
In linea generale, il principio della mimetizzazione è quello che dovrebbe conformare qualsiasi intervento di localizzazione o trasformazione degli impianti zootecnici; in questo senso è fondamentale procedere con attenzione nell’uso dei materiali, preferendo quelli presenti nelle costruzioni tradizionali locali, nell’evitare l’inserimento di contenitori di grande dimensione e rigidamente geometrici, preferendo a questa soluzione l’accostamento e composizione di più unità di dimensioni più modeste, analoghe a quelle dell’edilizia rurale storica o tradizionale, nello schermare le strutture tecniche di maggiore altezza (silos o altre) o nel collocarle al di fuori dei coni visuali riconosciuti e tutelati. Nelle aree a grande vulnerabilità paesaggistico-ambientale quali le “aree ad alta esposizione panoramica” e le “aree ad alta visibilità” si evidenzia una incompatibilità assoluta con gli impianti produttivi zootecnici di grande dimensione. In queste aree gli insediamenti già in essere potranno essere conservati a condizione che, tramite opportune schermature, trattamenti adeguati delle superfici esterne degli impianti o altre forme di mitigazione, sia stato possibile eliminare l’impatto visivo prodotto. Gli indirizzi normativi che regolano gli interventi edilizi nelle aree ad alta visibilità risultano applicabili nelle situazioni qui trattate.
Per gli impianti produttivi localizzati in aree di fondovalle e di pianura e più in particolare in un rapporto di prossimità con gli insediamenti urbani, è indispensabile che la realizzazione di tali impianti abbia come base e sia conseguenza di un processo progettuale che abbia considerato i rapporti con il sistema insediativo e infrastrutturale, riconoscendo la incompatibilità con l’ambito della residenza, ma anche prevedendo i possibili incroci con i servizi che possono essere condivisi fra più forme di insediamenti produttivi e operando ancora tutte le mitigazioni ambientali e funzionali che comunemente vengono introdotte nelle pianificazione territoriale.
Dallo studio è emersa la esistenza di situazioni significative ove l’attività produttiva zootecnica è concentrata esclusivamente o prevalentemente in ambiti definiti (aree a forte vocazione zootecnica); questo dovrà costituire un tema di grande rilievo all’interno della loro pianificazione urbanistica. Si tratta infatti di forte densità prodotta non da un unico insediamento, ma coinvolgente più centri di produzione ed è data dalla somma di una serie di responsabilità individuali e distinte. Questo fatto richiama la necessità di una organizzazione della gestione e del controllo delle trasformazioni territoriali più articolate e approfondite, tali da poter superare la difficoltà di una proprietà (e responsabilità) frammentata e incapace di controllare i disagi, i rischi e le ricadute negative sul territorio.
Si è già ricordato come il territorio extraurbano sia un sistema complesso di sistemi diversi che debbono coesistere. il sistema delle attività zootecniche, pertanto deve avere la possibilità e l’opportunità di svilupparsi, ma non può costituire elemento di freno o di impedimento per lo sviluppo di altri sistemi e tanto meno di sistemi già sviluppati o affermati. In linea generale, la compatibilità di una compresenza tra la produzione zootecnica e le potenzialità complesse del territorio extraurbano, può probabilmente sussistere soltanto nel caso di allevamenti estensivi, in alta collina o in montagna e soprattutto nel caso specifico degli allevamenti ovini, per le ragioni sopra esposte. Per tutti gli altri casi, anche la stessa prossimità potrebbe costituire un elemento di disturbo, a meno che tale prossimità non sia mitigata da una progettazione dell’insediamento zootecnico attenta all’inserimento, alla ventosità, alla visibilità dalle strade, alle schermature ed alle cortine arboree di protezione, alle viabilità di accesso dedicate e discrete. E’ necessario pertanto, nell’ipotizzare un intervento di localizzazione o di trasformazione di impianti zootecnici produttivi, che questo tema venga considerato analogo ed equivalente, per importanza e peso, a quello di altre attività produttive presenti su quel territorio e che hanno in esso la propria ragione di esistere (per es: circuiti agrituristici, filiera dell’enogastronomia, itinerari ambientali-storico- culturali, ecc.) e tale intervento sarà possibile se questa parità di ruolo territoriale sarà reciprocamente mantenuta nei programmi delle varie attività presenti.
Il confronto del quadro provinciale delle aree dense con le “Unità di paesaggio di pregio ambientale” ha il compito di facilitare questo riscontro e può costituire un valido criterio per sviluppare ed allineare i programmi delle rispettive attività.