(Cittadino e Provincia) Perugia 13 giugno ’12 – Il radon nelle scuole della Provincia (con riferimento alla newsletter di Arpa Umbria n° 3/2012 di "micron news" avente ad oggetto: “Il radon nelle scuole dell’Umbria”), sono l’argomento dell’interrogazione presentata da Massimiliano Capitani (Pd) nella quale il consigliere chiede “di sapere quali e quanti edifici scolastici della Provincia di Perugia sono stati monitorati e se tra questi ce ne sono alcuni che necessitano di interventi specifici per la riduzione della presenza di radon”. Nel documento si legge che “il radon è un gas radioattivo presente in natura le cui radiazioni sono pericolose per l’organismo umano. Il problema del radon fu messo in evidenza da Harting e Hesse quando fu riscontrato per la prima volta fra i lavoratori delle miniere circa cento anni fà. Successivamente Ludwig e Lorenzer suggerirono che quelle gravi patologie potevano essere causate da un’alta concentrazione di radon, ma soprattutto dall’inalazione dei suoi prodotti di decadimento (i cosiddetti “figli del radon”). Questo tipo di radiazioni non sono dannose se vengono a contatto con la superficie cutanea, poiché lo spessore della pelle è sufficiente a fermarle, ma nel momento in cui viene però inalato, il radon giunge nei nostri polmoni dove decade in elementi solidi radioattivi che non vengono espulsi; questi permangono all’interno dell’organo e, decadendo, emettono radiazioni α e β che, depositando tutta la propria energia nell’organo interessato, recando gravi danni. L’Organizzazione Mondiale della Sanità, attraverso l’International Agency for Research on Cancer ha inserito il radon nel gruppo 1 degli agenti cancerogeni per l’uomo, ovvero quello la cui cancerogenicità è riconosciuta. In Umbria, a partire dagli ’80, si è lavorato per la messa a punto di tecniche per la rilevazione del radon in aria e la realizzazione di campagne di misurazione della concentrazione di radon indoor nel territorio regionale. Le indagini effettuate hanno evidenziato come il territorio umbro non si potesse dire immune da tale problematica, sia per la diffusa abitudine a costruire, durante gli anni ’60, edifici sia pubblici che privati con l’utilizzo di tufo e pozzolana, sia per l’esistenza di aree geologicamente attive. Dal 2005 Arpa Umbria ha dato vita, in collaborazione con il Servizio di Fisica Sanitaria dell’Università degli Studi di Perugia, ad una articolata e puntuale campagna di monitoraggio negli edifici scolastici della regione, che ha interessato 120 scuole ubicate in 112 edifici, per un totale di 300 locali controllati. Obiettivi dello studio, che ha avuto termine nel 2010, sono stati quelli di effettuare uno screening della presenza di radon nel territorio regionale, consentendo di quantificare, rispetto a tale problematica, il contributo fornito dal substrato su cui sorgono gli edifici e quello fornito dal materiale da costruzione e, al contempo, identificare e mettere in atto le azioni più idonee al risanamento e alla prevenzione. Tale monitoraggio ha messo in luce come la problematica del radon in Umbria non sia esclusivamente attribuibile alle caratteristiche geologiche di alcuni territori, ma anche ai materiali da costruzione, come tufo e pietre laviche, impiegati nella realizzazione sia di murature che di intonaci. Nel quadro dello studio è emersa la necessità di intervenire presso sette edifici con specifiche azioni di rimedio, grazie alle quali è stato possibile ridurre di circa il 50% la presenza di radon”.
Oi12360.DB
(Cittadino e Provincia) Perugia 13 giugno ’12 – Il radon nelle scuole della Provincia (con riferimento alla newsletter di Arpa Umbria n° 3/2012 di "micron news" avente ad oggetto: “Il radon nelle scuole dell’Umbria”), sono l’argomento dell’interrogazione presentata da Massimiliano Capitani (Pd) nella quale il consigliere chiede “di sapere quali e quanti edifici scolastici della Provincia di Perugia sono stati monitorati e se tra questi ce ne sono alcuni che necessitano di interventi specifici per la riduzione della presenza di radon”. Nel documento si legge che “il radon è un gas radioattivo presente in natura le cui radiazioni sono pericolose per l’organismo umano. Il problema del radon fu messo in evidenza da Harting e Hesse quando fu riscontrato per la prima volta fra i lavoratori delle miniere circa cento anni fà. Successivamente Ludwig e Lorenzer suggerirono che quelle gravi patologie potevano essere causate da un’alta concentrazione di radon, ma soprattutto dall’inalazione dei suoi prodotti di decadimento (i cosiddetti “figli del radon”). Questo tipo di radiazioni non sono dannose se vengono a contatto con la superficie cutanea, poiché lo spessore della pelle è sufficiente a fermarle, ma nel momento in cui viene però inalato, il radon giunge nei nostri polmoni dove decade in elementi solidi radioattivi che non vengono espulsi; questi permangono all’interno dell’organo e, decadendo, emettono radiazioni α e β che, depositando tutta la propria energia nell’organo interessato, recando gravi danni. L’Organizzazione Mondiale della Sanità, attraverso l’International Agency for Research on Cancer ha inserito il radon nel gruppo 1 degli agenti cancerogeni per l’uomo, ovvero quello la cui cancerogenicità è riconosciuta. In Umbria, a partire dagli ’80, si è lavorato per la messa a punto di tecniche per la rilevazione del radon in aria e la realizzazione di campagne di misurazione della concentrazione di radon indoor nel territorio regionale. Le indagini effettuate hanno evidenziato come il territorio umbro non si potesse dire immune da tale problematica, sia per la diffusa abitudine a costruire, durante gli anni ’60, edifici sia pubblici che privati con l’utilizzo di tufo e pozzolana, sia per l’esistenza di aree geologicamente attive. Dal 2005 Arpa Umbria ha dato vita, in collaborazione con il Servizio di Fisica Sanitaria dell’Università degli Studi di Perugia, ad una articolata e puntuale campagna di monitoraggio negli edifici scolastici della regione, che ha interessato 120 scuole ubicate in 112 edifici, per un totale di 300 locali controllati. Obiettivi dello studio, che ha avuto termine nel 2010, sono stati quelli di effettuare uno screening della presenza di radon nel territorio regionale, consentendo di quantificare, rispetto a tale problematica, il contributo fornito dal substrato su cui sorgono gli edifici e quello fornito dal materiale da costruzione e, al contempo, identificare e mettere in atto le azioni più idonee al risanamento e alla prevenzione. Tale monitoraggio ha messo in luce come la problematica del radon in Umbria non sia esclusivamente attribuibile alle caratteristiche geologiche di alcuni territori, ma anche ai materiali da costruzione, come tufo e pietre laviche, impiegati nella realizzazione sia di murature che di intonaci. Nel quadro dello studio è emersa la necessità di intervenire presso sette edifici con specifiche azioni di rimedio, grazie alle quali è stato possibile ridurre di circa il 50% la presenza di radon”.
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