"Siamo ormai vicini al centenario dell'inizio del primo conflitto mondiale. Alla luce delle tante riflessioni, storiografiche e politiche, che certamente si faranno, scrivere oggi dell'anniversario della vittoria italiana..."
“Siamo ormai vicini al centenario dell'inizio del primo conflitto mondiale. Alla luce delle tante riflessioni, storiografiche e politiche, che certamente si faranno, scrivere oggi dell'anniversario della vittoria italiana in quella guerra - il 4 novembre 1918 - assume un sapore e un significato diversi dal solito, prefigura già uno sguardo sulla conclusione del conflitto, con tutto il senso di liberazione da un incubo e di assolvimento di un compito che gli uomini politici di cento anni fa, gli amministratori di cento anni sentirono con la forza di un messaggio ancora democratico, un attimo prima che di tutto il tema della guerra si appropriassero le forze antidemocratiche della dittatura fascista”. “Oggi noi, che ci siamo liberati del tutto da quel tipo di luttuosa e macabra, violenta e retorica apologia fascista della prima guerra mondiale possiamo finalmente tornare a guardare al valore di sacrificio di un popolo e di coraggio di una nazione che è stato premiato con la vittoria della prima guerra mondiale. Il significato profondo e vero di quella vittoria, infatti, non potrà mai risiedere in uno sprezzante discredito del nemico, ma consisterà sempre più in un solidale atto di coscienza che rende fratelli coloro ai quali è stato imposto di odiarsi. Poter chiamare oggi fratelli coloro che si sono affrontati, un giorno non lontano, di qua e di là da una trincea è il migliore tributo che possiamo riservare al giorno in cui si celebra la vittoria che ha reso tutti i nostri antenati più italiani e uniti di quanto cinquant'anni di unità nazionale potessero avere fatto. Prima che la dittatura rendesse lugubre la chiara alba di speranza nella pace che si era annunciata il 4 novembre 1918 l'amministrazione democratica volle subito compiere un atto di profondo ossequio verso tutti gli umbri caduti durante il conflitto. Le pareti del Cortile d'Onore del Palazzo provinciale furono ricoperte di lapidi con i nomi di tutti i fratelli morti e il messaggio, semplicissimo, era quello di un costante ricordare e richiamare, ad uno ad uno, i loro nomi in qualunque occupazione fossimo impegnati all'interno di quel Cortile. La stessa cosa, a quasi un secolo di distanza, continuiamo tutti i giorni a fare con lo stesso desiderio di sentir rispondere idealmente "presente" quel fante che, in un assalto fuori della trincea, votato alla morte, scriveva già con il suo atto di eroismo il proclama della vittoria, anch'esso inciso su una parete del Cortile d'Onore. La Provincia di oggi riscopre, intero, quel richiamo e quel monito – conclude Guasticchi - interpreta la vittoria come un atto di pace e non come premessa di una nuova guerra (che pure, drammaticamente, è seguita alla prima), in ogni caso come un atto di riparazione verso i lutti che pesano sulla coscienza di chi non riesce a vedere negli occhi del nemico che ti corre incontro l'implorazione della pace oltre la consumazione della violenza”
“Siamo ormai vicini al centenario dell'inizio del primo conflitto mondiale. Alla luce delle tante riflessioni, storiografiche e politiche, che certamente si faranno, scrivere oggi dell'anniversario della vittoria italiana in quella guerra - il 4 novembre 1918 - assume un sapore e un significato diversi dal solito, prefigura già uno sguardo sulla conclusione del conflitto, con tutto il senso di liberazione da un incubo e di assolvimento di un compito che gli uomini politici di cento anni fa, gli amministratori di cento anni sentirono con la forza di un messaggio ancora democratico, un attimo prima che di tutto il tema della guerra si appropriassero le forze antidemocratiche della dittatura fascista”. “Oggi noi, che ci siamo liberati del tutto da quel tipo di luttuosa e macabra, violenta e retorica apologia fascista della prima guerra mondiale possiamo finalmente tornare a guardare al valore di sacrificio di un popolo e di coraggio di una nazione che è stato premiato con la vittoria della prima guerra mondiale. Il significato profondo e vero di quella vittoria, infatti, non potrà mai risiedere in uno sprezzante discredito del nemico, ma consisterà sempre più in un solidale atto di coscienza che rende fratelli coloro ai quali è stato imposto di odiarsi. Poter chiamare oggi fratelli coloro che si sono affrontati, un giorno non lontano, di qua e di là da una trincea è il migliore tributo che possiamo riservare al giorno in cui si celebra la vittoria che ha reso tutti i nostri antenati più italiani e uniti di quanto cinquant'anni di unità nazionale potessero avere fatto. Prima che la dittatura rendesse lugubre la chiara alba di speranza nella pace che si era annunciata il 4 novembre 1918 l'amministrazione democratica volle subito compiere un atto di profondo ossequio verso tutti gli umbri caduti durante il conflitto. Le pareti del Cortile d'Onore del Palazzo provinciale furono ricoperte di lapidi con i nomi di tutti i fratelli morti e il messaggio, semplicissimo, era quello di un costante ricordare e richiamare, ad uno ad uno, i loro nomi in qualunque occupazione fossimo impegnati all'interno di quel Cortile. La stessa cosa, a quasi un secolo di distanza, continuiamo tutti i giorni a fare con lo stesso desiderio di sentir rispondere idealmente "presente" quel fante che, in un assalto fuori della trincea, votato alla morte, scriveva già con il suo atto di eroismo il proclama della vittoria, anch'esso inciso su una parete del Cortile d'Onore. La Provincia di oggi riscopre, intero, quel richiamo e quel monito – conclude Guasticchi - interpreta la vittoria come un atto di pace e non come premessa di una nuova guerra (che pure, drammaticamente, è seguita alla prima), in ogni caso come un atto di riparazione verso i lutti che pesano sulla coscienza di chi non riesce a vedere negli occhi del nemico che ti corre incontro l'implorazione della pace oltre la consumazione della violenza”