120 opere di due pionieri del design ceramico. Apertura fino al 29 maggio
(Cittadino e Provincia) – Perugia, 26 aprile ’11 - La Provincia di Perugia ha scelto il periodo pasquale per riaffermare il valore tradizionale dell'artigianato umbro. E lo fa attraverso una mostra dedicata alla ceramica per dimostrare come questa materia sia potuta passare con disinvoltura dalle arti decorative al design. Centoventi opere dei maestri Dante (1904-1953) e Massimo Baldelli (1935-2003), padre e figlio, sono esposte presso il Cerp dove rimarranno per tutto il mese di maggio. La inaugurazione è avvenuta sabato scorso. I maestri Baldelli, facendo centro nella loro Città di Castello, hanno percorso tutto il Novecento, passandosi un testimone e un messaggio così coerenti fra di loro da costituire un unico, grande repertorio di “pezzi” ceramici che hanno parlato un linguaggio artistico nazionale e hanno raggiunto il mondo. Secondo la critica, il loro modo di interpretare e ricreare il “Made in Italy”, dagli anni dell'immediato Dopoguerra a quelli del boom economico e della successiva stabilizzazione della società italiana, “è passato indenne attraverso i momenti di crisi, fino a riconfermarsi, oggi, come stimolo per la crescita della fantasia artigianale ancora largamente presente in Umbria. Così, in ogni caso, torna il momento della ceramica, nonostante molti altri materiali, privi di energia, siano in grado di insidiarne la ricchezza materica e spirituale”. L’evento voluto dalla Provincia di Perugia insieme al Comune di Città di Castello e all’Associazione Culturale “Passato, Presente, Futuro”, si inserisce in un progetto, più ampio ed ambizioso, che è quello di partire dall’idea della mostra, per costruire itinerari e laboratori nelle altre città della ceramica (Deruta, Gubbio, Gualdo Tadino). “L’evento – sempre secondo l’Amministrazione provinciale - servirà anche da azione promozionale sul territorio, per accendere i riflettori sulle realtà umbre che possiedono una prestigiosa tradizione in questo settore”. La manifattura Ceramiche Baldelli è stata fondata nel 1946 da Dante e Angelo Baldelli e ha continuato la sua attività fino ai primi anni Novanta ad opera del figlio Massimo, coadiuvato, a partire dagli anni Ottanta, dal fratello Luca e dalla figlia Simona. La storia della manifattura di Città di Castello appartiene in gran parte a quella del design ceramico italiano e, come spiegano i promotori della mostra, “il ripercorrere le vicende di una avventura pionieristica può anche significare, per il territorio e per i più giovani, trovare radici e motivazioni per una operatività progettuale di qualità capace di dialogare, se non contrastare, con le anonime massificazioni oggettuali della società globalizzata”.
Dante Baldelli (1904-1953) è stato un artista politecnico dedito soprattutto alla ceramica, ma anche alla pittura e alla scultura. Ben conosciuta è la sua lunga direzione artistica della Ceramiche Rometti di Umbertide - dal 1928 al 1942 circa - dove, assieme a Corrado Cagli. Nel quadro della produzione ceramica del tempo, le opere di Dante Baldelli si stagliano sia per le attenzioni dimostrate nei confronti di suggestioni provenienti dai territori dell'arte (aeropittura e secondo futurismo) e della grafica, sia per innovazioni derivate da una profonda e da non comune conoscenza delle tecniche ceramiche. Significativa è la diversione di rotta di Dante Baldelli quando, nel secondo dopoguerra, inaugura una propria manifattura artigianale i cui interessi sono rivolti alla realizzazione di oggetti d'uso o domestici che trovano nuove motivazioni sia nel tentativo di raggiungere il più largo pubblico, sia in quello di ripulire gli oggetti dalla mitografia e dalla oratoria precedente e, conseguentemente, di avviarli verso procedimenti industriali sulla scorta degli insegnamenti e delle proposte avanzate dalla migliore tradizione moderna europea. A Dante Baldelli va riconosciuto il merito di avere, se non anticipato, almeno partecipato da comprimario a un decisivo passaggio, non solo artistico ma anche ideale e civile di una Italia certamente indebolita eppure capace di scatti e di progressioni di lì a poco riconosciuti e apprezzati a livello internazionale.
Massimo Baldelli (1935-2003), dopo avere compiuto studi di carattere artistico a Roma e a Firenze, si trovò nella condizione di ereditare ben presto la direzione della manifattura a causa dell'improvvisa morte del padre Dante. Un compito non facile per un giovane appena diciottenne che, tuttavia, ha dimostrato subitanea comprensione dello sforzo avviato proseguendo lungo la linea di una produzione sempre più dedita alla creazione di oggetti seriali semplici la cui eleganza è affidata unicamente ai materiali e allo studio delle forme e delle funzioni. La scommessa delle migliori forze progettuali del tempo era, appunto, il design. Massimo Baldelli, come altri designer italiani del periodo, ha mantenuto, però, un forte legame con le migliore espressioni di una tradizione, anche popolare, intravista come continua ottimizzazione degli oggetti quotidiani e come non aulico momento espressivo. I numerosi premi ricevuti, dalle manifestazioni umbre alla Triennale di Milano e ai vari Premio Palladio vinti a Vicenza, sono testimonianza di una significativa presenza nel contesto progettuale degli anni Cinquanta e Sessanta. Di non minore importanza sono i rapporti tenuti da Massimo Baldelli con il mondo dell'arte contemporanea alla ricerca di vivificanti confronti. Tra le altre, si citano le collaborazioni con Duilio Cambellotti, Achille Perilli, Piero Dorazio e Alberto Burri.
CL11070.ET
(Cittadino e Provincia) – Perugia, 26 aprile ’11 - La Provincia di Perugia ha scelto il periodo pasquale per riaffermare il valore tradizionale dell'artigianato umbro. E lo fa attraverso una mostra dedicata alla ceramica per dimostrare come questa materia sia potuta passare con disinvoltura dalle arti decorative al design. Centoventi opere dei maestri Dante (1904-1953) e Massimo Baldelli (1935-2003), padre e figlio, sono esposte presso il Cerp dove rimarranno per tutto il mese di maggio. La inaugurazione è avvenuta sabato scorso. I maestri Baldelli, facendo centro nella loro Città di Castello, hanno percorso tutto il Novecento, passandosi un testimone e un messaggio così coerenti fra di loro da costituire un unico, grande repertorio di “pezzi” ceramici che hanno parlato un linguaggio artistico nazionale e hanno raggiunto il mondo. Secondo la critica, il loro modo di interpretare e ricreare il “Made in Italy”, dagli anni dell'immediato Dopoguerra a quelli del boom economico e della successiva stabilizzazione della società italiana, “è passato indenne attraverso i momenti di crisi, fino a riconfermarsi, oggi, come stimolo per la crescita della fantasia artigianale ancora largamente presente in Umbria. Così, in ogni caso, torna il momento della ceramica, nonostante molti altri materiali, privi di energia, siano in grado di insidiarne la ricchezza materica e spirituale”. L’evento voluto dalla Provincia di Perugia insieme al Comune di Città di Castello e all’Associazione Culturale “Passato, Presente, Futuro”, si inserisce in un progetto, più ampio ed ambizioso, che è quello di partire dall’idea della mostra, per costruire itinerari e laboratori nelle altre città della ceramica (Deruta, Gubbio, Gualdo Tadino). “L’evento – sempre secondo l’Amministrazione provinciale - servirà anche da azione promozionale sul territorio, per accendere i riflettori sulle realtà umbre che possiedono una prestigiosa tradizione in questo settore”. La manifattura Ceramiche Baldelli è stata fondata nel 1946 da Dante e Angelo Baldelli e ha continuato la sua attività fino ai primi anni Novanta ad opera del figlio Massimo, coadiuvato, a partire dagli anni Ottanta, dal fratello Luca e dalla figlia Simona. La storia della manifattura di Città di Castello appartiene in gran parte a quella del design ceramico italiano e, come spiegano i promotori della mostra, “il ripercorrere le vicende di una avventura pionieristica può anche significare, per il territorio e per i più giovani, trovare radici e motivazioni per una operatività progettuale di qualità capace di dialogare, se non contrastare, con le anonime massificazioni oggettuali della società globalizzata”.
Dante Baldelli (1904-1953) è stato un artista politecnico dedito soprattutto alla ceramica, ma anche alla pittura e alla scultura. Ben conosciuta è la sua lunga direzione artistica della Ceramiche Rometti di Umbertide - dal 1928 al 1942 circa - dove, assieme a Corrado Cagli. Nel quadro della produzione ceramica del tempo, le opere di Dante Baldelli si stagliano sia per le attenzioni dimostrate nei confronti di suggestioni provenienti dai territori dell'arte (aeropittura e secondo futurismo) e della grafica, sia per innovazioni derivate da una profonda e da non comune conoscenza delle tecniche ceramiche. Significativa è la diversione di rotta di Dante Baldelli quando, nel secondo dopoguerra, inaugura una propria manifattura artigianale i cui interessi sono rivolti alla realizzazione di oggetti d'uso o domestici che trovano nuove motivazioni sia nel tentativo di raggiungere il più largo pubblico, sia in quello di ripulire gli oggetti dalla mitografia e dalla oratoria precedente e, conseguentemente, di avviarli verso procedimenti industriali sulla scorta degli insegnamenti e delle proposte avanzate dalla migliore tradizione moderna europea. A Dante Baldelli va riconosciuto il merito di avere, se non anticipato, almeno partecipato da comprimario a un decisivo passaggio, non solo artistico ma anche ideale e civile di una Italia certamente indebolita eppure capace di scatti e di progressioni di lì a poco riconosciuti e apprezzati a livello internazionale.
Massimo Baldelli (1935-2003), dopo avere compiuto studi di carattere artistico a Roma e a Firenze, si trovò nella condizione di ereditare ben presto la direzione della manifattura a causa dell'improvvisa morte del padre Dante. Un compito non facile per un giovane appena diciottenne che, tuttavia, ha dimostrato subitanea comprensione dello sforzo avviato proseguendo lungo la linea di una produzione sempre più dedita alla creazione di oggetti seriali semplici la cui eleganza è affidata unicamente ai materiali e allo studio delle forme e delle funzioni. La scommessa delle migliori forze progettuali del tempo era, appunto, il design. Massimo Baldelli, come altri designer italiani del periodo, ha mantenuto, però, un forte legame con le migliore espressioni di una tradizione, anche popolare, intravista come continua ottimizzazione degli oggetti quotidiani e come non aulico momento espressivo. I numerosi premi ricevuti, dalle manifestazioni umbre alla Triennale di Milano e ai vari Premio Palladio vinti a Vicenza, sono testimonianza di una significativa presenza nel contesto progettuale degli anni Cinquanta e Sessanta. Di non minore importanza sono i rapporti tenuti da Massimo Baldelli con il mondo dell'arte contemporanea alla ricerca di vivificanti confronti. Tra le altre, si citano le collaborazioni con Duilio Cambellotti, Achille Perilli, Piero Dorazio e Alberto Burri.
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