A 17 anni di distanza dall'ultima direttiva approvata in materia, la Commissione europea ha proposto una riforma globale della normativa UE sulla protezione dei dati nell’intento di rafforzare i diritti della privacy on-line e stimolare l’economia digitale comunitaria.
Le norme in vigore (95/46/EC) risalgono al 1995 e furono concepite prima della diffusione su scala mondiale dei social network e del marketing virale. Da allora, lo scenario è profondamente mutato e il concetto di privacy non è più lo stesso.
Oggi i dati personali sono valuta pregiata per qualunque tipo di business: dalle banche alle assicurazioni, dai sociali media ai motori di ricerca.
Il regolamento che andrà a sostituire la direttiva del 1995 non dovrà essere recepito dai singoli Stati membri, ma sarà pienamente operativo dal momento in cui verrà approvato dal Parlamento europeo e dal Consiglio.
La Commissione ha proposto anche una direttiva sulla protezione dei dati personali con finalità di prevenzione e investigazione in caso di reati penali.
Il presidente dell’Authority, Francesco Pizzetti, spiega, inoltre, che grazie al nuovo regolamento “alle imprese e ai cittadini non converrà più, come invece oggi accade, scegliere il paese più compiacente per effettuare il trattamento dei dati, in quanto tutte le Autorità saranno sottoposte a regolazione uniforme e dovranno operare in coordinamento per assicurare l’omogeneità nel trattamento dei dati. La legge sarà la stessa su tutto il territorio europeo e quindi diminuirà la discrezionalità delle singole autorità nazionali”.
In attesa che sia diffuso il testo ufficiale, sappiamo che una novità della riforma riguarda proprio le società che operano su Internet. In futuro, le aziende dovranno ottenere il consenso specifico ed esplicito degli utenti prima di raccogliere informazioni e saranno costrette a cancellare i dati presenti nei loro server se manca il consenso degli interessati.
Google, Facebook e Yahoo raccolgono quotidianamente milioni di informazioni sugli utenti utili alle aziende per focalizzare le campagne pubblicitarie di prodotti e servizi. L'obbligo di ottenere il consenso per il possesso di dati individuali potrebbe ridurre il loro tornaconto. Le aziende vittime di una “fuga” di dati dovranno informare immediatamente le autorità nazionali per la protezione dei dati personali e gli utenti coinvolti.
La bozza del regolamento, come abbiamo detto, punta a stabilire un quadro legislativo comune per il mercato unico europeo ma non esclude che le autorità nazionali possano prendere decisioni valide per i singoli Stati membri.
La Commissione mira inoltre a rafforzare il coordinamento tra le authorities nazionali per verificare il rispetto della legge.
Per la prima volta, inoltre, si introduce il "diritto all'oblio" per contrastare i rischi della rete. Quella che attualmente è solo una possibilità, cancellare i propri dati talora inesatti o addirittura infamanti di solito in seguito alla sentenza di un tribunale, diventa un diritto a tutti gli effetti. Da non confondere, afferma Viviane Reding, vice presidente dell’esecutivo comunitario, con la censura.
A 17 anni di distanza dall'ultima direttiva approvata in materia, la Commissione europea ha proposto una riforma globale della normativa UE sulla protezione dei dati nell’intento di rafforzare i diritti della privacy on-line e stimolare l’economia digitale comunitaria.
Le norme in vigore (95/46/EC) risalgono al 1995 e furono concepite prima della diffusione su scala mondiale dei social network e del marketing virale. Da allora, lo scenario è profondamente mutato e il concetto di privacy non è più lo stesso.
Oggi i dati personali sono valuta pregiata per qualunque tipo di business: dalle banche alle assicurazioni, dai sociali media ai motori di ricerca.
Il regolamento che andrà a sostituire la direttiva del 1995 non dovrà essere recepito dai singoli Stati membri, ma sarà pienamente operativo dal momento in cui verrà approvato dal Parlamento europeo e dal Consiglio.
La Commissione ha proposto anche una direttiva sulla protezione dei dati personali con finalità di prevenzione e investigazione in caso di reati penali.
Il presidente dell’Authority, Francesco Pizzetti, spiega, inoltre, che grazie al nuovo regolamento “alle imprese e ai cittadini non converrà più, come invece oggi accade, scegliere il paese più compiacente per effettuare il trattamento dei dati, in quanto tutte le Autorità saranno sottoposte a regolazione uniforme e dovranno operare in coordinamento per assicurare l’omogeneità nel trattamento dei dati. La legge sarà la stessa su tutto il territorio europeo e quindi diminuirà la discrezionalità delle singole autorità nazionali”.
In attesa che sia diffuso il testo ufficiale, sappiamo che una novità della riforma riguarda proprio le società che operano su Internet. In futuro, le aziende dovranno ottenere il consenso specifico ed esplicito degli utenti prima di raccogliere informazioni e saranno costrette a cancellare i dati presenti nei loro server se manca il consenso degli interessati.
Google, Facebook e Yahoo raccolgono quotidianamente milioni di informazioni sugli utenti utili alle aziende per focalizzare le campagne pubblicitarie di prodotti e servizi. L'obbligo di ottenere il consenso per il possesso di dati individuali potrebbe ridurre il loro tornaconto. Le aziende vittime di una “fuga” di dati dovranno informare immediatamente le autorità nazionali per la protezione dei dati personali e gli utenti coinvolti.
La bozza del regolamento, come abbiamo detto, punta a stabilire un quadro legislativo comune per il mercato unico europeo ma non esclude che le autorità nazionali possano prendere decisioni valide per i singoli Stati membri.
La Commissione mira inoltre a rafforzare il coordinamento tra le authorities nazionali per verificare il rispetto della legge.
Per la prima volta, inoltre, si introduce il "diritto all'oblio" per contrastare i rischi della rete. Quella che attualmente è solo una possibilità, cancellare i propri dati talora inesatti o addirittura infamanti di solito in seguito alla sentenza di un tribunale, diventa un diritto a tutti gli effetti. Da non confondere, afferma Viviane Reding, vice presidente dell’esecutivo comunitario, con la censura.