(Cittadino e Provincia) – Perugia 10 maggio 2012 – Il Gruppo provinciale del PRC sottolinea, in una nota, la propria contrarietà ad ogni ipotesi di alienazione del patrimonio della Provincia che passi per una vendita o svendita dei beni di grande valore storico, artistico, architettonico e culturale, da Villa Redenta a Villa Fidelia, passando per Villa Umbra e per l’aula verde della Buca d’Ansciano di Gubbio ( struttura potenzialmente di alta valenza didattica ). “In questo il Gruppo del PRC – afferma il comunicato - si differenzia da altre forze politiche e da altri rappresentanti politici che, fino ad ora, hanno alzato barricate solo per difendere i beni di proprietà della Provincia nei loro territori, senza nessun cenno ai beni immobili che si trovano al di fuori delle loro realtà municipali e dei loro collegi elettorali. Le necessità imposte dal Patto di stabilità e dalle dissennate scelte del Governo Monti, che in maniera sempre più forte scaricano sugli Enti Locali il dissesto dello Stato nazionale e giugulano la finanza di Regioni, Comuni e Province ( specie quelle virtuose come la nostra, che chiudono i loro bilanci in attivo, con avanzi considerevoli ), non possono giustificare una cartolarizzazione in salsa locale del patrimonio dell’Ente, patrimonio che va valorizzato (come la Giunta, e segnatamente l’Assessore Mignini, ha fatto dal 2009 ad oggi ) e non alienato a beneficio di istituti di credito, fondazioni pubbliche solo di facciata e soggetti privati, i quali ne comprometterebbero la pubblica fruizione, da sempre assicurata grazie alla titolarità e al ruolo della Provincia. Il nostro Ente non può dismettere il proprio patrimonio in maniera “ selvaggia “, senza alcun tipo di discernimento tra gioielli di famiglia di interesse strategico, che non debbono essere in alcun modo venduti a privati, ma solo, eventualmente, ceduti a pubbliche istituzioni in cambio di incassi rilevanti e garanzie sulla pubblica fruizione, e beni immobili che possono conoscere tranquillamente percorsi di alienazione ( vedi magazzini dismessi, edifici di second’ordine ecc.. Una volta venduto il patrimonio nelle sue punte di eccellenza, quali margini di manovra resteranno all’Ente Provincia per far fronte alle necessità finanziarie e di investimento, nella consapevolezza che la situazione economica futura, compreso lo stato di salute degli Enti locali, andrà di certo peggiorando ? Il PRC, da forza responsabile, è consapevole del fatto che il ragionamento sulle alienazioni ha conosciuto uno sviluppo , una vera e propria virata, dal momento che per effetto delle leggi nazionali il Patto di stabilità prevede per la Provincia di Perugia la necessità di reperire 18 milioni di euro aggiuntivi, con uno strangolamento senza precedenti della capacità operativa e finanziaria dell’Ente. Il PRC è anche consapevole che, in questo contesto, il primo principio da ribadire e salvaguardare è il carattere pubblico dei servizi, a cominciare da quelli del Trasporto pubblico locale nei quali la Provincia gioca un ruolo da azionista, servizi che non possono minimamente essere coinvolti in disegni di privatizzazione . Di tutto ciò siamo consapevoli, ma pensiamo che le opzioni da prendere in considerazione debbano essere molteplici : l’Ente, come sta facendo egregiamente , da questo punto di vista, con l’impegno dell’Assessore Mignini, concretizzatosi con un primo confronto nella competente Commissione, completi la ricognizione del proprio patrimonio al fine di individuare tutti quegli edifici e quei beni che, non strategici, privi di pregio storico – artistico, nonchè di ogni vocazione funzionale particolare e insostituibile, si possono alienare. Già da questo fronte, sommando vecchi edifici dismessi a immobili di secondaria importanza, si potrebbero reperire più di 5 milioni di euro, secondo una stima prudenziale. C’è poi il capitolo delle spese di funzionamento dell’Ente e quello delle consulenze che, sia pure ridotte nel corso del tempo e in gran parte finanziate con fondi europei vincolati, possono conoscere ulteriori tagli e limitazioni. C’è, ultima ma non ultima, una strategia di valorizzazione dei beni immobili da approfondire e rendere più incisiva, valorizzazione incentrata sulla promozione di eventi, sulla revisione di convenzioni in termini vantaggiosi per l’Ente, sull’abbattimento di spese di gestione esagerate, sulla revisione di affitti troppo generosi, accettabili nei tempi di “ vacche grasse “ ma non oggi : è quello che si è fatto, con un’ esemplare collaborazione tra Giunta e Consiglio, per quanto concerne l’Isola Polvese, che grazie ad una revisione delle politiche patrimoniali e di gestione dal 2009 ad oggi, è diventata anche in termini finanziari una voce attiva per l’Ente, con molteplici iniziative che hanno richiamato migliaia di persone. Il dibattito sul patrimonio dell’Ente, alla luce di scelte forzose imposte a livello nazionale da un Governo Monti rappresentativo solo delle banche e della grande impresa, diventa un discrimine fondamentale per misurare la capacità delle forze di sinistra, democratiche e progressiste, di reggere l’urto dei vincoli sempre più soffocanti imposti alla finanza locale da un’Europa dei banchieri e non dei popoli e da un Governo che ha i medesimi “ azionisti di riferimento “ e sembra non comprendere la gravità del momento e la necessità di aprire i cordoni della spesa pubblica produttiva per rilanciare l’economia. Assieme alla battaglia per la revisione o l’annullamento del Patto di stabilità, vero e proprio cappio, va, in sinstesi, compiuta una riflessione subito : se è vero che uscire dal Patto di stabilità comporta sanzioni e le Province non hanno nemmeno la valvola di sfogo dell’autonomia impositiva per rimodulare tariffe e tributi , se non in minima parte e comunque sempre con tetti fissati dallo Stato nazionale, è anche vero che rimanendo dentro al Patto non si hanno benefici, anzi si è obbligati via via a scelte sempre più pesanti per l’Ente,scelte che tarpano le ali ad ogni capacità seria di investimento. E’ un dogma di fede, allora, il Patto, o si può ragionare di un suo sforamento , come hanno fatto altri amministratori in Italia, a cominciare dal Sindaco di Torino Fassino, il quale ha dichiarato che per difendere il livello dei servizi sociali e per corrispondere i dovuti pagamenti alle imprese non rispetterà i vincoli del Patto di stabilità ? Certo non è una scelta che la Provincia può prendere a cuor leggero, ma se il prezzo da pagare per l’osservanza di condizioni – capestro è la paralisi operativa dell’Ente e la svendita del suo patrimonio immobiliare, crediamo che il ragionamento vada fatto, e comunque deve essere un ragionamento che tenga conto della più vasta gamma di opzioni, partendo però dall’inamovibilità di alcuni paletti. La sinistra italiana gridò allo scandalo quando Tremonti mise sul tavolo le cartolarizzazioni di beni artistici e culturali a beneficio dei privati ; oggi, quella stessa sinistra, che ancora amministra in maniera unitaria tanti Enti Locali, non può compiere gli stessi ragionamenti e le stesse opzioni strategiche , sia pure in condizioni necessitate”.
Gc12163.red
(Cittadino e Provincia) – Perugia 10 maggio 2012 – Il Gruppo provinciale del PRC sottolinea, in una nota, la propria contrarietà ad ogni ipotesi di alienazione del patrimonio della Provincia che passi per una vendita o svendita dei beni di grande valore storico, artistico, architettonico e culturale, da Villa Redenta a Villa Fidelia, passando per Villa Umbra e per l’aula verde della Buca d’Ansciano di Gubbio ( struttura potenzialmente di alta valenza didattica ). “In questo il Gruppo del PRC – afferma il comunicato - si differenzia da altre forze politiche e da altri rappresentanti politici che, fino ad ora, hanno alzato barricate solo per difendere i beni di proprietà della Provincia nei loro territori, senza nessun cenno ai beni immobili che si trovano al di fuori delle loro realtà municipali e dei loro collegi elettorali. Le necessità imposte dal Patto di stabilità e dalle dissennate scelte del Governo Monti, che in maniera sempre più forte scaricano sugli Enti Locali il dissesto dello Stato nazionale e giugulano la finanza di Regioni, Comuni e Province ( specie quelle virtuose come la nostra, che chiudono i loro bilanci in attivo, con avanzi considerevoli ), non possono giustificare una cartolarizzazione in salsa locale del patrimonio dell’Ente, patrimonio che va valorizzato (come la Giunta, e segnatamente l’Assessore Mignini, ha fatto dal 2009 ad oggi ) e non alienato a beneficio di istituti di credito, fondazioni pubbliche solo di facciata e soggetti privati, i quali ne comprometterebbero la pubblica fruizione, da sempre assicurata grazie alla titolarità e al ruolo della Provincia. Il nostro Ente non può dismettere il proprio patrimonio in maniera “ selvaggia “, senza alcun tipo di discernimento tra gioielli di famiglia di interesse strategico, che non debbono essere in alcun modo venduti a privati, ma solo, eventualmente, ceduti a pubbliche istituzioni in cambio di incassi rilevanti e garanzie sulla pubblica fruizione, e beni immobili che possono conoscere tranquillamente percorsi di alienazione ( vedi magazzini dismessi, edifici di second’ordine ecc.. Una volta venduto il patrimonio nelle sue punte di eccellenza, quali margini di manovra resteranno all’Ente Provincia per far fronte alle necessità finanziarie e di investimento, nella consapevolezza che la situazione economica futura, compreso lo stato di salute degli Enti locali, andrà di certo peggiorando ? Il PRC, da forza responsabile, è consapevole del fatto che il ragionamento sulle alienazioni ha conosciuto uno sviluppo , una vera e propria virata, dal momento che per effetto delle leggi nazionali il Patto di stabilità prevede per la Provincia di Perugia la necessità di reperire 18 milioni di euro aggiuntivi, con uno strangolamento senza precedenti della capacità operativa e finanziaria dell’Ente. Il PRC è anche consapevole che, in questo contesto, il primo principio da ribadire e salvaguardare è il carattere pubblico dei servizi, a cominciare da quelli del Trasporto pubblico locale nei quali la Provincia gioca un ruolo da azionista, servizi che non possono minimamente essere coinvolti in disegni di privatizzazione . Di tutto ciò siamo consapevoli, ma pensiamo che le opzioni da prendere in considerazione debbano essere molteplici : l’Ente, come sta facendo egregiamente , da questo punto di vista, con l’impegno dell’Assessore Mignini, concretizzatosi con un primo confronto nella competente Commissione, completi la ricognizione del proprio patrimonio al fine di individuare tutti quegli edifici e quei beni che, non strategici, privi di pregio storico – artistico, nonchè di ogni vocazione funzionale particolare e insostituibile, si possono alienare. Già da questo fronte, sommando vecchi edifici dismessi a immobili di secondaria importanza, si potrebbero reperire più di 5 milioni di euro, secondo una stima prudenziale. C’è poi il capitolo delle spese di funzionamento dell’Ente e quello delle consulenze che, sia pure ridotte nel corso del tempo e in gran parte finanziate con fondi europei vincolati, possono conoscere ulteriori tagli e limitazioni. C’è, ultima ma non ultima, una strategia di valorizzazione dei beni immobili da approfondire e rendere più incisiva, valorizzazione incentrata sulla promozione di eventi, sulla revisione di convenzioni in termini vantaggiosi per l’Ente, sull’abbattimento di spese di gestione esagerate, sulla revisione di affitti troppo generosi, accettabili nei tempi di “ vacche grasse “ ma non oggi : è quello che si è fatto, con un’ esemplare collaborazione tra Giunta e Consiglio, per quanto concerne l’Isola Polvese, che grazie ad una revisione delle politiche patrimoniali e di gestione dal 2009 ad oggi, è diventata anche in termini finanziari una voce attiva per l’Ente, con molteplici iniziative che hanno richiamato migliaia di persone. Il dibattito sul patrimonio dell’Ente, alla luce di scelte forzose imposte a livello nazionale da un Governo Monti rappresentativo solo delle banche e della grande impresa, diventa un discrimine fondamentale per misurare la capacità delle forze di sinistra, democratiche e progressiste, di reggere l’urto dei vincoli sempre più soffocanti imposti alla finanza locale da un’Europa dei banchieri e non dei popoli e da un Governo che ha i medesimi “ azionisti di riferimento “ e sembra non comprendere la gravità del momento e la necessità di aprire i cordoni della spesa pubblica produttiva per rilanciare l’economia. Assieme alla battaglia per la revisione o l’annullamento del Patto di stabilità, vero e proprio cappio, va, in sinstesi, compiuta una riflessione subito : se è vero che uscire dal Patto di stabilità comporta sanzioni e le Province non hanno nemmeno la valvola di sfogo dell’autonomia impositiva per rimodulare tariffe e tributi , se non in minima parte e comunque sempre con tetti fissati dallo Stato nazionale, è anche vero che rimanendo dentro al Patto non si hanno benefici, anzi si è obbligati via via a scelte sempre più pesanti per l’Ente,scelte che tarpano le ali ad ogni capacità seria di investimento. E’ un dogma di fede, allora, il Patto, o si può ragionare di un suo sforamento , come hanno fatto altri amministratori in Italia, a cominciare dal Sindaco di Torino Fassino, il quale ha dichiarato che per difendere il livello dei servizi sociali e per corrispondere i dovuti pagamenti alle imprese non rispetterà i vincoli del Patto di stabilità ? Certo non è una scelta che la Provincia può prendere a cuor leggero, ma se il prezzo da pagare per l’osservanza di condizioni – capestro è la paralisi operativa dell’Ente e la svendita del suo patrimonio immobiliare, crediamo che il ragionamento vada fatto, e comunque deve essere un ragionamento che tenga conto della più vasta gamma di opzioni, partendo però dall’inamovibilità di alcuni paletti. La sinistra italiana gridò allo scandalo quando Tremonti mise sul tavolo le cartolarizzazioni di beni artistici e culturali a beneficio dei privati ; oggi, quella stessa sinistra, che ancora amministra in maniera unitaria tanti Enti Locali, non può compiere gli stessi ragionamenti e le stesse opzioni strategiche , sia pure in condizioni necessitate”.
Gc12163.red