(Cittadino e Provincia) Perugia, 19 giugno 2013 – Afferma in un comunicato il capogruppo provinciale PRC, Luca Baldelli: “Ribadisco il mio sostegno pieno, totale e appassionato alla vertenza dell’AST di Terni. La situazione di oggi è la perfetta conseguenza dell’aver svenduto ai privati e alle multinazionali pezzi strategici e vitali dell’economia nazionale. Anni fa, gli stessi che trasformarono le Partecipazioni statali in carrozzoni al servizio dei Partiti di Governo della Prima Repubblica, spinsero per la svendita agli appetiti privati (nazionali e stranieri) di tutte le aziende che facevano parte di quella galassia, gettando via il bambino con l’acqua sporca . Clientelisti prima, privatizzatori e mercanti degli interessi nazionali poi! I frutti del liberismo rampante si sono visti negli anni:l’Italia ha visto la colonizzazione sistematica del proprio apparato produttivo legato alla siderurgia, con la perdita delle chiavi di casa in un settore vitale, ristrutturato più volte (la prima ad opera di industriali privati nostrani, la seconda ad opera di corporations straniere), al punto tale che, con un numero di addetti di gran lunga inferiore a quello presente negli anni ’70, nel primo decennio del 2000 si raggiungeva lo stesso quantitativo di produzione di acciaio di allora. Il 2009 ha visto un calo della produzione di oltre 10 milioni di tonnellate, seguito da cali meno rilevanti, ma significativi, nel 2012/2013. E’ chiaro che, fino a che gangli della nostra economia saranno in mano a interessi non controllati né disciplinati dallo Stato nazionale o perlomeno dal potere politico su scala europea, ci ritroveremo sempre dinanzi a tali problemi: da una parte si parla di una crisi senza considerare i profitti che la multinazionale che controlla l’AST ha accumulato negli anni, dall’altra parte si parla di cordate interessate all’acquisizione dell’azienda, che però non parlano che di esuberi e non propongono alcun piano industriale serio almeno per il prossimo quinquennio, come giustamente hanno rilevato le forze sindacali. Dinanzi a ciò, a mio giudizio, oltre a ribadire l’appoggio alla lotta dei lavoratori dell’AST, in ogni forma che la democrazia sostanziale consente, sia necessario che il Governo cominci a porsi qualche serio interrogativo che solo l’ottusità e la miopia del neoliberismo imperante possono far passare in secondo piano o delegittimare: non sarà il caso di ripensare ad una nazionalizzazione dei settori strategici dell’economia nazionale? Siamo davvero sicuri che la sarabanda su acquirenti e nuovi partner industriali dell’AST possa davvero offrire soluzioni concrete, in un mondo contraddistinto da una feroce concorrenza? Non sarà forse meglio pensare ad un forte soggetto pubblico – privato dell’acciaio nazionale, con lo Stato in una posizione se non di preminenza, almeno di partecipazione al capitale azionario e alle scelte strategiche? Credo che sia venuta proprio l’ora e, se non ci si pone quel tipo di domanda, è perfettamente inutile, a mio giudizio, scendere in piazza con i lavoratori a fianco della loro sacrosanta lotta che è insieme per il lavoro e per quel che rimane della civiltà solidale e progressista edificata tra mille problemi e scontri nell’Europa del dopoguerra”.
Gc13290.CC
(Cittadino e Provincia) Perugia, 19 giugno 2013 – Afferma in un comunicato il capogruppo provinciale PRC, Luca Baldelli: “Ribadisco il mio sostegno pieno, totale e appassionato alla vertenza dell’AST di Terni. La situazione di oggi è la perfetta conseguenza dell’aver svenduto ai privati e alle multinazionali pezzi strategici e vitali dell’economia nazionale. Anni fa, gli stessi che trasformarono le Partecipazioni statali in carrozzoni al servizio dei Partiti di Governo della Prima Repubblica, spinsero per la svendita agli appetiti privati (nazionali e stranieri) di tutte le aziende che facevano parte di quella galassia, gettando via il bambino con l’acqua sporca . Clientelisti prima, privatizzatori e mercanti degli interessi nazionali poi! I frutti del liberismo rampante si sono visti negli anni:l’Italia ha visto la colonizzazione sistematica del proprio apparato produttivo legato alla siderurgia, con la perdita delle chiavi di casa in un settore vitale, ristrutturato più volte (la prima ad opera di industriali privati nostrani, la seconda ad opera di corporations straniere), al punto tale che, con un numero di addetti di gran lunga inferiore a quello presente negli anni ’70, nel primo decennio del 2000 si raggiungeva lo stesso quantitativo di produzione di acciaio di allora. Il 2009 ha visto un calo della produzione di oltre 10 milioni di tonnellate, seguito da cali meno rilevanti, ma significativi, nel 2012/2013. E’ chiaro che, fino a che gangli della nostra economia saranno in mano a interessi non controllati né disciplinati dallo Stato nazionale o perlomeno dal potere politico su scala europea, ci ritroveremo sempre dinanzi a tali problemi: da una parte si parla di una crisi senza considerare i profitti che la multinazionale che controlla l’AST ha accumulato negli anni, dall’altra parte si parla di cordate interessate all’acquisizione dell’azienda, che però non parlano che di esuberi e non propongono alcun piano industriale serio almeno per il prossimo quinquennio, come giustamente hanno rilevato le forze sindacali. Dinanzi a ciò, a mio giudizio, oltre a ribadire l’appoggio alla lotta dei lavoratori dell’AST, in ogni forma che la democrazia sostanziale consente, sia necessario che il Governo cominci a porsi qualche serio interrogativo che solo l’ottusità e la miopia del neoliberismo imperante possono far passare in secondo piano o delegittimare: non sarà il caso di ripensare ad una nazionalizzazione dei settori strategici dell’economia nazionale? Siamo davvero sicuri che la sarabanda su acquirenti e nuovi partner industriali dell’AST possa davvero offrire soluzioni concrete, in un mondo contraddistinto da una feroce concorrenza? Non sarà forse meglio pensare ad un forte soggetto pubblico – privato dell’acciaio nazionale, con lo Stato in una posizione se non di preminenza, almeno di partecipazione al capitale azionario e alle scelte strategiche? Credo che sia venuta proprio l’ora e, se non ci si pone quel tipo di domanda, è perfettamente inutile, a mio giudizio, scendere in piazza con i lavoratori a fianco della loro sacrosanta lotta che è insieme per il lavoro e per quel che rimane della civiltà solidale e progressista edificata tra mille problemi e scontri nell’Europa del dopoguerra”.
Gc13290.CC