Venticinque anni dopo il suo avvio, Erasmus è diventato il programma dell’UE più noto e il più efficace sistema di scambio di studenti al mondo. Più di 231.000 giovani hanno ricevuto borse Erasmus per studiare o formarsi all’estero nel corso dell’anno accademico 2010-2011, rappresentando un nuovo record di adesioni e un aumento complessivo dell’8,5% rispetto all’anno precedente. Le tre destinazioni più gettonate sono state la Spagna, la Francia e il Regno Unito mentre il maggior numero di studenti a partire sono stati spagnoli, francesi e tedeschi. E nella classifica delle 15 università più “attive” ci sono anche tre italiane: l’Alma Mater di Bologna (quarto posto), la Sapienza di Roma (nono) e l’Università di Firenze (dodicesimo). Gli italiani a partire, nell’anno accademico 2010-2011, sono stati più di 22 mila e come mete di studio hanno scelto soprattutto Spagna, Francia e Germania. Grazie all’attenzione che dedica alle lingue, all’adattabilità, alla consapevolezza interculturale e alla leadership, Erasmus conferisce ai giovani partecipanti abilità essenziali per accrescere la loro occupabilità e assicurare il loro sviluppo personale. Da quando ha preso il via, nel 1987, il programma ha offerto a più di 2,5 milioni di studenti europei l’opportunità di andare all’estero per studiare presso un’istituzione di istruzione superiore o per un collocamento lavorativo in impresa. Tempo di bilanci, ma anche di novità: dal prossimo anno il programma di scambio amplierà le sue iniziative, verrà esteso ai paesi di tutto il mondo e si rivolgerà a nuove tipologie di studenti, diventando Erasmus for all. Alla recente conferenza internazionale di Copenhagen gli “ambasciatori Erasmus” hanno elaborato un manifesto che, in 10 punti, sancisce i risultati finora conseguiti e presenta le azioni da intraprendere in futuro per implementare il programma di scambio come abbattere le barriere che esistono in Europa tra i diversi sistemi nazionali di educazione per creare uno spazio comune di formazione e incrementare i collegamenti con il mondo del lavoro ma, soprattutto, diventare “globale”, estendendosi ai paesi extraeuropei.
Venticinque anni dopo il suo avvio, Erasmus è diventato il programma dell’UE più noto e il più efficace sistema di scambio di studenti al mondo. Più di 231.000 giovani hanno ricevuto borse Erasmus per studiare o formarsi all’estero nel corso dell’anno accademico 2010-2011, rappresentando un nuovo record di adesioni e un aumento complessivo dell’8,5% rispetto all’anno precedente. Le tre destinazioni più gettonate sono state la Spagna, la Francia e il Regno Unito mentre il maggior numero di studenti a partire sono stati spagnoli, francesi e tedeschi. E nella classifica delle 15 università più “attive” ci sono anche tre italiane: l’Alma Mater di Bologna (quarto posto), la Sapienza di Roma (nono) e l’Università di Firenze (dodicesimo). Gli italiani a partire, nell’anno accademico 2010-2011, sono stati più di 22 mila e come mete di studio hanno scelto soprattutto Spagna, Francia e Germania. Grazie all’attenzione che dedica alle lingue, all’adattabilità, alla consapevolezza interculturale e alla leadership, Erasmus conferisce ai giovani partecipanti abilità essenziali per accrescere la loro occupabilità e assicurare il loro sviluppo personale. Da quando ha preso il via, nel 1987, il programma ha offerto a più di 2,5 milioni di studenti europei l’opportunità di andare all’estero per studiare presso un’istituzione di istruzione superiore o per un collocamento lavorativo in impresa. Tempo di bilanci, ma anche di novità: dal prossimo anno il programma di scambio amplierà le sue iniziative, verrà esteso ai paesi di tutto il mondo e si rivolgerà a nuove tipologie di studenti, diventando Erasmus for all. Alla recente conferenza internazionale di Copenhagen gli “ambasciatori Erasmus” hanno elaborato un manifesto che, in 10 punti, sancisce i risultati finora conseguiti e presenta le azioni da intraprendere in futuro per implementare il programma di scambio come abbattere le barriere che esistono in Europa tra i diversi sistemi nazionali di educazione per creare uno spazio comune di formazione e incrementare i collegamenti con il mondo del lavoro ma, soprattutto, diventare “globale”, estendendosi ai paesi extraeuropei.