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Partiti - Baldelli (Prc) ricorda anniversario nascita del Pci

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(Cittadino e Provincia) – Perugia, 22 gennaio 2014 -  “Novantatrè anni fa nasceva il Partito Comunista Italiano o , meglio, il Partito Comunista d’Italia ( Sezione della Internazionale Comunista ), come recitava la denominazione di allora, pregna di vibrante internazionalismo– afferma in una nota il capogruppo provinciale PRC, Luca Baldelli – Ai proletari, a tutti coloro i quali erano oppressi della schiavitù capitalista e colonialista, a tutti coloro i quali vivevano del loro lavoro, si aprivano, in Italia, le porte della speranza del riscatto sociale, di una società più giusta senza divisioni in classi, senza diseguaglianze e senza guerre . Quattro anni prima, la gloriosa Rivoluzione Socialista d’Ottobre, in Russia, aveva mostrato al mondo intero che era possibile rompere le catene del capitalismo e dell’imperialismo : non a caso, pressoché tutti i principali eserciti occidentali, coalizzati, armati dai monopoli e dai mercanti di cannoni, avevano dato l’assalto al nascente Stato degli operai e dei contadini, appoggiando la controrivoluzione fascista e clericale e ricevendo poi, al termine di cinque anni durissimi di guerra,  una salutare e storica sconfitta. La vittoria dell’ordine bolscevico in Russia spianerà la strada alla fondazione del Partito Comunista d’Italia, avvenuta solennemente a Livorno, al Teatro Goldoni, il 21 gennaio 1921, per iniziativa di illustri dirigenti socialisti quali Antonio Gramsci, Umberto Terracini, Amadeo Bordiga, Bruno Fortichiari . Da allora, i comunisti in Italia divennero l’avanguardia della lotta al fascismo criminale e, superato il settarismo proprio della linea affermatasi all’inizio con Bordiga, posero, con Antonio Gramsci e Palmiro Togliatti, le premesse per la nascita di un fronte democratico, progressista, rivoluzionario, fortemente calato nella realtà e nella storia italiana, con un contributo originale, ricco dal punto di vista della teoria e della prassi , articolato in proposte chiare capaci di stringere attorno alla bandiera dei comunisti non un elite di intellettuali, ma le più vaste masse lavoratrici . I comunisti facevano paura al regime fascista per il loro amore della verità , per la loro determinazione, per la loro capacità d’analisi . Antonio Gramsci morirà nelle carceri italiane, ma prima il Pubblico Ministero Isgrò, chiedendone la condanna, aveva sentenziato, riferendosi a lui con l’alterigia tipica degli idioti assurti a posizioni di preminenza: “ Per venti anni dobbiamo impedire a questo cervello di funzionare ! “ . Il cervello non smise di funzionare per 9 anni e, anche dopo il decesso di Gramsci, il cervello collettivo del Partito fu ben desto : ecco la Resistenza al nazifascismo, in cui il PCI ebbe un ruolo di preminenza, con migliaia e migliaia di uomini e donne sacrificatisi per la libertà e per una nuova Italia ; ecco il Partito “di tipo nuovo” del dopoguerra, con tutto il patrimonio ideale e pratico di  concetti come la “ democrazia progressiva “, la “ via italiana al socialismo “, declinati nelle tante conquiste sociali, nelle grandi lotte per la terra, per i diritti, per la giustizia sociale, condotte dal PCI con intrepido vigore nel dopoguerra, alla luce del proprio programma e, cosa non secondaria, del dettato della Costituzione nata dalla Resistenza . Il PCI, per chi ci ha militato e per chi no, è stato, come ha ricordato giustamente Pasolini, “ un Paese nel Paese “ : non c’è capitolo della storia repubblicana, non c’è avvenimento, che non rechi il nome, o perlomeno l’impronta, del PCI. Gli anni del compagno Berlinguer dettero nuova linfa al patrimonio ideale e alla prassi dei comunisti, con passaggi più o meno condivisibili all’interno del corpo militante e del movimento operaio, specie a livello internazionale, ma certamente tutti contraddistinti, sul piano interno, da un alto livello di aderenza ai bisogni del Paese e da intuizioni a volte geniali, come quella della “ questione morale “, la cui attualità è drammaticamente evidente a tutti, in una politica come quella attuale diventata spesso affermazione individuale, luogo di basse pratiche , di corruttele, cinico esercizio di amministrazione dell’esistente . Lo scioglimento del PCI, all’inizio degli anni ’90, con la scusa della caduta dei sistemi dell’Est europeo, ha rappresentato la fine di un caposaldo, di un punto di riferimento : con le vicende del 1989 ad est si è voluta in realtà coprire l’involuzione su posizioni sempre più reazionarie di un apparato che nel socialismo e nella liberazione dallo sfruttamento dell’uomo sull’uomo non credeva più ed era pronto a qualsiasi avventura . Questa involuzione la si è vista all’opera pienamente negli anni ’90, per diventare poi strutturale con le ultime vicende del PD . In questi anni, non a caso, i diritti dei lavoratori sono stati sempre più compressi, conquiste storiche del mondo operaio e democratico sono state cancellate o ridimensionate, principi un tempo invalicabili sono diventati carta straccia, con nuove schiavitù, crescente povertà delle grandi masse, aumento delle ingiustizie sociali a tutti i livelli. Per questo il compito storico dei comunisti è lì, intatto e aspetta solo di venire assolto in pieno : l’unità della galassia comunista, oggi frammentata in mille asteroidi vaganti ( e i qualche caso tragicamente fermi, immobili ! ) , diventa allora la premessa indispensabile per ricostituire una forte, massiccia e incisiva presenza dei comunisti nel Parlamento e nel Paese . Diversamente, sarà la barbarie , con un Paese polarizzato tra un pugno di ricchi e l’immensa maggioranza dei poveri e dei depauperizzati ( l’ex ceto medio ) , esposto al pericolo di avventure populiste e autoritarie, anche con basi di massa, o prigioniero di una diarchia centrodestra e centrosinistra che rappresenta la normalizzazione del quadro politico voluta dal sistema capitalista imperante e dalle sue articolazioni interne ed internazionali . Per questo i 93 anni del PCI sono da festeggiare non per una sorta di rito , di liturgia , ma perché quel 21 gennaio del 1921 è quanto mai attuale, parla all’oggi, ai nostri destini, ai destini supremi della classe lavoratrice e quindi del Paese” .

 

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modificato il 26/01/2021

(Cittadino e Provincia) – Perugia, 22 gennaio 2014 -  “Novantatrè anni fa nasceva il Partito Comunista Italiano o , meglio, il Partito Comunista d’Italia ( Sezione della Internazionale Comunista ), come recitava la denominazione di allora, pregna di vibrante internazionalismo– afferma in una nota il capogruppo provinciale PRC, Luca Baldelli – Ai proletari, a tutti coloro i quali erano oppressi della schiavitù capitalista e colonialista, a tutti coloro i quali vivevano del loro lavoro, si aprivano, in Italia, le porte della speranza del riscatto sociale, di una società più giusta senza divisioni in classi, senza diseguaglianze e senza guerre . Quattro anni prima, la gloriosa Rivoluzione Socialista d’Ottobre, in Russia, aveva mostrato al mondo intero che era possibile rompere le catene del capitalismo e dell’imperialismo : non a caso, pressoché tutti i principali eserciti occidentali, coalizzati, armati dai monopoli e dai mercanti di cannoni, avevano dato l’assalto al nascente Stato degli operai e dei contadini, appoggiando la controrivoluzione fascista e clericale e ricevendo poi, al termine di cinque anni durissimi di guerra,  una salutare e storica sconfitta. La vittoria dell’ordine bolscevico in Russia spianerà la strada alla fondazione del Partito Comunista d’Italia, avvenuta solennemente a Livorno, al Teatro Goldoni, il 21 gennaio 1921, per iniziativa di illustri dirigenti socialisti quali Antonio Gramsci, Umberto Terracini, Amadeo Bordiga, Bruno Fortichiari . Da allora, i comunisti in Italia divennero l’avanguardia della lotta al fascismo criminale e, superato il settarismo proprio della linea affermatasi all’inizio con Bordiga, posero, con Antonio Gramsci e Palmiro Togliatti, le premesse per la nascita di un fronte democratico, progressista, rivoluzionario, fortemente calato nella realtà e nella storia italiana, con un contributo originale, ricco dal punto di vista della teoria e della prassi , articolato in proposte chiare capaci di stringere attorno alla bandiera dei comunisti non un elite di intellettuali, ma le più vaste masse lavoratrici . I comunisti facevano paura al regime fascista per il loro amore della verità , per la loro determinazione, per la loro capacità d’analisi . Antonio Gramsci morirà nelle carceri italiane, ma prima il Pubblico Ministero Isgrò, chiedendone la condanna, aveva sentenziato, riferendosi a lui con l’alterigia tipica degli idioti assurti a posizioni di preminenza: “ Per venti anni dobbiamo impedire a questo cervello di funzionare ! “ . Il cervello non smise di funzionare per 9 anni e, anche dopo il decesso di Gramsci, il cervello collettivo del Partito fu ben desto : ecco la Resistenza al nazifascismo, in cui il PCI ebbe un ruolo di preminenza, con migliaia e migliaia di uomini e donne sacrificatisi per la libertà e per una nuova Italia ; ecco il Partito “di tipo nuovo” del dopoguerra, con tutto il patrimonio ideale e pratico di  concetti come la “ democrazia progressiva “, la “ via italiana al socialismo “, declinati nelle tante conquiste sociali, nelle grandi lotte per la terra, per i diritti, per la giustizia sociale, condotte dal PCI con intrepido vigore nel dopoguerra, alla luce del proprio programma e, cosa non secondaria, del dettato della Costituzione nata dalla Resistenza . Il PCI, per chi ci ha militato e per chi no, è stato, come ha ricordato giustamente Pasolini, “ un Paese nel Paese “ : non c’è capitolo della storia repubblicana, non c’è avvenimento, che non rechi il nome, o perlomeno l’impronta, del PCI. Gli anni del compagno Berlinguer dettero nuova linfa al patrimonio ideale e alla prassi dei comunisti, con passaggi più o meno condivisibili all’interno del corpo militante e del movimento operaio, specie a livello internazionale, ma certamente tutti contraddistinti, sul piano interno, da un alto livello di aderenza ai bisogni del Paese e da intuizioni a volte geniali, come quella della “ questione morale “, la cui attualità è drammaticamente evidente a tutti, in una politica come quella attuale diventata spesso affermazione individuale, luogo di basse pratiche , di corruttele, cinico esercizio di amministrazione dell’esistente . Lo scioglimento del PCI, all’inizio degli anni ’90, con la scusa della caduta dei sistemi dell’Est europeo, ha rappresentato la fine di un caposaldo, di un punto di riferimento : con le vicende del 1989 ad est si è voluta in realtà coprire l’involuzione su posizioni sempre più reazionarie di un apparato che nel socialismo e nella liberazione dallo sfruttamento dell’uomo sull’uomo non credeva più ed era pronto a qualsiasi avventura . Questa involuzione la si è vista all’opera pienamente negli anni ’90, per diventare poi strutturale con le ultime vicende del PD . In questi anni, non a caso, i diritti dei lavoratori sono stati sempre più compressi, conquiste storiche del mondo operaio e democratico sono state cancellate o ridimensionate, principi un tempo invalicabili sono diventati carta straccia, con nuove schiavitù, crescente povertà delle grandi masse, aumento delle ingiustizie sociali a tutti i livelli. Per questo il compito storico dei comunisti è lì, intatto e aspetta solo di venire assolto in pieno : l’unità della galassia comunista, oggi frammentata in mille asteroidi vaganti ( e i qualche caso tragicamente fermi, immobili ! ) , diventa allora la premessa indispensabile per ricostituire una forte, massiccia e incisiva presenza dei comunisti nel Parlamento e nel Paese . Diversamente, sarà la barbarie , con un Paese polarizzato tra un pugno di ricchi e l’immensa maggioranza dei poveri e dei depauperizzati ( l’ex ceto medio ) , esposto al pericolo di avventure populiste e autoritarie, anche con basi di massa, o prigioniero di una diarchia centrodestra e centrosinistra che rappresenta la normalizzazione del quadro politico voluta dal sistema capitalista imperante e dalle sue articolazioni interne ed internazionali . Per questo i 93 anni del PCI sono da festeggiare non per una sorta di rito , di liturgia , ma perché quel 21 gennaio del 1921 è quanto mai attuale, parla all’oggi, ai nostri destini, ai destini supremi della classe lavoratrice e quindi del Paese” .

 

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