(Cittadino e Provincia) – Perugia, 30 aprile ’13 – Ridare centralità al lavoro e rinnovare l’attenzione per le crisi industriali: è da qui che si deve ripartire per cercare di dare all’immediato e prospettive al futuro nella nostra regione. Ne sono convinti Cgil, Cisl e Uil che, unitariamente, hanno stilato un documento lo scorso 15 ottobre 2012 in cui viene analizzata puntualmente la situazione economica in cui versa l’Umbria, suggerendo delle risposte e dei percorsi partendo dalla tipicità del tessuto economico imprenditoriale regionale. Di questo documento, che a detta degli stessi esponenti sindacali è già “vecchio”, poiché nel frattempo la situazione è considerevolmente peggiorata, se ne è discusso in sede di Terza Commissione consiliare permanente della Provincia di Perugia, presieduta da Luca Baldelli. Ad illustrarlo, Marco Proietti della Cisl, Claudio Bendini della Uil e Giuliana Renelli della Cgil. “L’Umbria nel tempo non si è caratterizzata per un’attenzione verso la produzione ed il lavoro produttivo, anzi, ha finito con il privilegiare il lavoro improduttivo in particolare legato alla spesa pubblica, trascurando, di fatto, quello produttivo legato alle attività economiche industriali prevalentemente a carattere privatistico – si legge nel documento -. Su questa strada si è persa la grande occasione delle ingenti risorse concentrate in Umbria tra il 1997 ed il 2004, dovute alla ricostruzione post terremoto, al Giubileo, ai fondi europei, e alla caudata degli interessi bancari che hanno trasferito enormi risorse dai risparmi privati al settore delle costruzioni, che in questo lasso di tempo ha avuto una crescita esponenziale, fungendo di fatto da acceleratore dell’economia locale che ha vissuto un periodo straordinari odi sviluppo economico. Per Proietti “il sistema industriale umbro si basa su due cardini: la pubblica amministrazione e l’edilizia (legata, quest’ultima al sisma del 1997), ma a ciò si innestano crisi industriali quali la Merloni, la Trafomec”. Altro elemento di criticità è costituito dalle vie di comunicazione. “Se si vuole garantire sviluppo – ha sottolineato – bisogna puntare sulla Perugia – Ancona in modo da avere lo sbocco sul mare mediante il collegamento con il porto di Ancona”. Altri settori “carenti” sono l’edilizia, la chimica e l’università. “Quest’ultima è scollegata dal mondo del lavoro e dell’impresa – ha detto – e rimane difficile un suo coinvolgimento”. In sintesi, “in Umbria mancano servizi alle industrie, buoni sono quelli legati alla pubblica amministrazione, mentre poco specializzati risultano essere quelli di turismo e commercio. 365 mila sono le persone in forza lavoro e 46 mila in cassa integrazione”. Per Bendini “le imprese umbre riescono con fatica ad agganciare le economie delle regioni che esportano. Le difficoltà risiedono proprio nell’export. Il problema di fondo è creare occupazione ma anche ricchezza”. Dei cassaintegrati e della loro condizione ha parlato Renelli che ha diffuso le cifre: “14 mila sono i cassaintegrati in deroga, quasi 3/4 nella sola provincia di Perugia. A metà mese di maggio – ha sottolineato – se non giungeranno i fondi nazionali, la regione non sarà in grado di rilasciare le autorizzazioni”. Altro aspetto affrontato dalla sindacalista della Cgil sono i giovani, “si ha la necessità di indirizzarli verso il lavoro – ha detto – ma occorre parallelamente rafforzare l’orientamento. Da qui occorre partire per investire sugli Its”. Per Enrico Bastioli (Socialisti e Riformisti) “la politica non si sta comportando bene e se non si trovano i 2.5 miliardi per la cassa integrazione, si rischia il disastro sociale”. Anche per il consigliere nodo cruciale sono le infrastrutture e denuncia la “situazione drammatica” in cui versano gli enti locali. “I costi della politica – ha evidenziato – sono i costi della democrazia”. Per Laura Zampa (Pd) “quando si parla di potenziare i centri per l’impiego la qualità dei nostri uffici non può essere messa in discussione, vedo tuttavia poco dialogo. L’orientamento sociale è una delle fonti di futuro sviluppo dei territori”. Per Maurizio Ronconi (Udc) “non c’è la consapevolezza che la crisi è di sistema. Va allentato il debito pubblico altrimenti non si può far ripartire lo sviluppo”.
Eco13003.RB
(Cittadino e Provincia) – Perugia, 30 aprile ’13 – Ridare centralità al lavoro e rinnovare l’attenzione per le crisi industriali: è da qui che si deve ripartire per cercare di dare all’immediato e prospettive al futuro nella nostra regione. Ne sono convinti Cgil, Cisl e Uil che, unitariamente, hanno stilato un documento lo scorso 15 ottobre 2012 in cui viene analizzata puntualmente la situazione economica in cui versa l’Umbria, suggerendo delle risposte e dei percorsi partendo dalla tipicità del tessuto economico imprenditoriale regionale. Di questo documento, che a detta degli stessi esponenti sindacali è già “vecchio”, poiché nel frattempo la situazione è considerevolmente peggiorata, se ne è discusso in sede di Terza Commissione consiliare permanente della Provincia di Perugia, presieduta da Luca Baldelli. Ad illustrarlo, Marco Proietti della Cisl, Claudio Bendini della Uil e Giuliana Renelli della Cgil. “L’Umbria nel tempo non si è caratterizzata per un’attenzione verso la produzione ed il lavoro produttivo, anzi, ha finito con il privilegiare il lavoro improduttivo in particolare legato alla spesa pubblica, trascurando, di fatto, quello produttivo legato alle attività economiche industriali prevalentemente a carattere privatistico – si legge nel documento -. Su questa strada si è persa la grande occasione delle ingenti risorse concentrate in Umbria tra il 1997 ed il 2004, dovute alla ricostruzione post terremoto, al Giubileo, ai fondi europei, e alla caudata degli interessi bancari che hanno trasferito enormi risorse dai risparmi privati al settore delle costruzioni, che in questo lasso di tempo ha avuto una crescita esponenziale, fungendo di fatto da acceleratore dell’economia locale che ha vissuto un periodo straordinari odi sviluppo economico. Per Proietti “il sistema industriale umbro si basa su due cardini: la pubblica amministrazione e l’edilizia (legata, quest’ultima al sisma del 1997), ma a ciò si innestano crisi industriali quali la Merloni, la Trafomec”. Altro elemento di criticità è costituito dalle vie di comunicazione. “Se si vuole garantire sviluppo – ha sottolineato – bisogna puntare sulla Perugia – Ancona in modo da avere lo sbocco sul mare mediante il collegamento con il porto di Ancona”. Altri settori “carenti” sono l’edilizia, la chimica e l’università. “Quest’ultima è scollegata dal mondo del lavoro e dell’impresa – ha detto – e rimane difficile un suo coinvolgimento”. In sintesi, “in Umbria mancano servizi alle industrie, buoni sono quelli legati alla pubblica amministrazione, mentre poco specializzati risultano essere quelli di turismo e commercio. 365 mila sono le persone in forza lavoro e 46 mila in cassa integrazione”. Per Bendini “le imprese umbre riescono con fatica ad agganciare le economie delle regioni che esportano. Le difficoltà risiedono proprio nell’export. Il problema di fondo è creare occupazione ma anche ricchezza”. Dei cassaintegrati e della loro condizione ha parlato Renelli che ha diffuso le cifre: “14 mila sono i cassaintegrati in deroga, quasi 3/4 nella sola provincia di Perugia. A metà mese di maggio – ha sottolineato – se non giungeranno i fondi nazionali, la regione non sarà in grado di rilasciare le autorizzazioni”. Altro aspetto affrontato dalla sindacalista della Cgil sono i giovani, “si ha la necessità di indirizzarli verso il lavoro – ha detto – ma occorre parallelamente rafforzare l’orientamento. Da qui occorre partire per investire sugli Its”. Per Enrico Bastioli (Socialisti e Riformisti) “la politica non si sta comportando bene e se non si trovano i 2.5 miliardi per la cassa integrazione, si rischia il disastro sociale”. Anche per il consigliere nodo cruciale sono le infrastrutture e denuncia la “situazione drammatica” in cui versano gli enti locali. “I costi della politica – ha evidenziato – sono i costi della democrazia”. Per Laura Zampa (Pd) “quando si parla di potenziare i centri per l’impiego la qualità dei nostri uffici non può essere messa in discussione, vedo tuttavia poco dialogo. L’orientamento sociale è una delle fonti di futuro sviluppo dei territori”. Per Maurizio Ronconi (Udc) “non c’è la consapevolezza che la crisi è di sistema. Va allentato il debito pubblico altrimenti non si può far ripartire lo sviluppo”.
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