Pianificazione ed edifici esistenti.
a cura dell'Avvocato Marco Luigi Marchetti
Si segnala un tema sollevato da alcuni uffici circa la possibilità di introdurre varianti al PRG che prevedano una disciplina incoerente con il tessuto edificato preesistente. Il tema, che tocca un argomento di grande interesse per la conflittualità sorgente tra proprietà ed ente, è stato più volte affrontato in giurisprudenza, e tra le tante si segnale Tar Lombardia 5.12.2018 n. 2736, che richiama la giurisprudenza del Tar Umbria. Il caso era semplice. Un comune variava la destinazione di un’area industriale ove era stato installato un parco fotovoltaico, prevedendo la totale incompatibilità con simili impianti e prevedendo la possibilità di effettuare solo opere di manutenzione ordinaria e che possano essere insediate “esclusivamente attività produttive artigianali, attività commerciali, attività terziarie; attrezzature pubbliche o di uso pubblico, con assoluta esclusione, tra le altre, delle attività di produzione di energia elettrica” e che “siano consentiti esclusivamente quegli interventi inderogabili di manutenzione ed adeguamento alle norme di sicurezza degli impianti medesimi, approvati e convalidati dagli Enti pubblici preposti al controllo, e nel solo arco programmato dei successivi due anni, con l'avvertenza che alla scadenza del periodo di deroga l'Amministrazione comunale possa valutare lo stato delle attività in essere e stabilire i successivi interventi finalizzati al recupero ambientale del territorio interessato”,
L’intento del comune era evidente: tutelare le attività locali e le risorse locali, l’insediamento di attività generatrici di caduta occupazionale e così via. Il problema è che in quel modo il comune ha travalicato i propri poteri finendo per incappare nella pronuncia di illegittimità del Tar per i motivi che seguono.
La discrezionalità di un Comune nella disciplina del proprio territorio è infatti assai ampia, ed è noto che non necessiti di regola di puntuale motivazione delle singole scelte (essendo sufficiente l'esplicitazione delle ragioni di fondo che sorreggono il nuovo assetto) e non sia vincolata in linea di principio dalle zonizzazioni e localizzazioni preesistenti (cfr. T.A.R. Umbria, sentenza n. 402/2015). Va, altresì, ricordato che di per sé il fatto che a una determinata area sia stata impressa una certa destinazione urbanistica non implica affatto che quell'area mantenga all'infinito quella destinazione, perché è nella natura della pianificazione urbanistica tener conto delle mutazioni medio tempore intervenute nel più ampio contesto in cui l'area medesima si inserisce, nonché delle sopravvenute esigenze da soddisfare (cfr., T.A.R. Emilia Romagna - Bologna, Sez. I, sentenza n. 654/2015).
Ciò nondimeno, è anche vero che “la discrezionalità pianificatoria non può trasmodare in arbitrio, essendo pur sempre assoggettata al controllo estrinseco del Giudice amministrativo (cfr., C.d.S., Sez. IV, sentenza n. 4072/2015), e non può determinare forme larvate di espropriazione, comprimendo l'utilizzo di un'area secondo quella che è la sua naturale vocazione o diminuendone in modo significativo il valore di scambio (cfr., C.d.S., Sez. IV, sentenza n. 4616/2013)”.
Risulta, altresì, che il PGT abbia stabilito che in quelle aree possano essere insediate esclusivamente attività produttive artigianali, attività commerciali, attività terziarie; attrezzature pubbliche o di uso pubblico, con assoluta esclusione, tra le altre, delle attività di produzione di energia elettrica. Risulta, infine, che per gli impianti incompatibili preesistenti ubicati nelle aree siano consentiti esclusivamente quegli interventi inderogabili di manutenzione ed adeguamento alle norme di sicurezza degli impianti medesimi, approvati e convalidati dagli Enti pubblici preposti al controllo, e nel solo arco programmato dei successivi due anni, con l'avvertenza che alla scadenza del periodo di deroga l'Amministrazione comunale possa valutare lo stato delle attività in essere e stabilire i successivi interventi finalizzati al recupero ambientale del territorio interessato.
“ una siffatta disciplina è illegittima per i motivi di illegittimità dedotti dalla ricorrente e sopra sintetizzati ai nn. 2 e 3. Costituisce, invero, orientamento consolidato in giurisprudenza, cui il Collegio senz'altro aderisce, quello per cui la disciplina urbanistica contenuta nel P.R.G. è destinata a svolgere i suoi effetti ordinatori e conformativi esclusivamente con riferimento all'edificazione futura e non anche all'edificazione esistente, a condizione che quest'ultima sia stata legittimamente realizzata (cfr., C.d.S., Sez. IV, sentenza n. 4925/2013). Ne consegue che "le opere già eseguite in conformità della disciplina previgente, conservano la loro precedente e legittima destinazione, senza che sia nemmeno possibile impedire gli interventi necessari per integrarne o mantenerne la funzione" (così, C.d.S., Sez. IV, sentenza n. 4009/2009).
Dunque il Comune non può vietare qualunque intervento, anche di semplice manutenzione ordinaria, sugli impianti esistenti”.
La sentenza prosegue anche affermando i limiti ai divieti per i comuni di disporre discipline specifiche sulla collocazione degli impianti fotovoltaici in considerazione del valore degli stessi agli effetti della generazione di energia da fonti rinnovabili e per la qualificazione ad essi data dal legislatore europeo.