lI Regolamento Regionale 12 luglio n.4 in materia di impianti FER.
La fisionomia di un fenomeno a geometria variabile. A cura dell'Avvocato Marco Luigi Marchetti - Avvocato Silvia Malacchi.
La Regione Umbria ha affrontato la disciplina degli impianti Fer con il regolamento regionale 29 luglio 2011 n 7, fruendo della competenza ad essa riconosciuta in virtù della normativa statale. Nello specifico il paragrafo 17.1 delle linee guida contenute nel DM del 10.9.2010 rammenta che le Regioni devono individuare le aree ed i siti non idonei alla installazioni di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili attraverso una apposita istruttoria avente ad oggetto al ricognizione delle disposizioni volte alla tutela dell’ambiente e del paesaggio, del patrimonio storico ed artistico, delle tradizioni agroalimentari locali, della biodiversità e del paesaggio rurale.
In questo quadro la Regione ha introdotto il regolamento sopracitato prevedendo una specifica disciplina per la installazione degli impianti FER ispirandosi - quale norma attuativa - al d.Leg.vo 3 marzo 2011 n. 28 che, a sua volta, deve la sua genesi alla direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione della direttiva 2001/77/CE e della direttiva 2003/ 30/CE; rendendosi infine coerente con il d.leg.vo 387/2003 caposaldo della materia.
Il Regolamento prevede criteri di collocazione finalizzati, al contempo, a tutelare il paesaggio e limitare la erosione delle aree a destinazione agricola; ciò essenzialmente mediante l’introduzione di un criterio – che per la verità appare discutibile – il quale poggia su un limite percentuale di occupazione, non assoluto ma calcolato in relazione alla superficie di proprietà. Criterio appena suggerito nel decreto ministeriale del 2010 ma che si mostra debole per la determinazione apodittica della percentuale e per lo sganciamento da qualsiasi parametro di riferimento.
Non solo, ma ancorando la superficie massima di occupazione alla unità fondiaria, si potrebbe raggiungere un risultato contrario al voluto, giacché se una unità fondiaria è poco idonea alla produzione agricola, di nessun interesse paesaggistico, e quindi ideale per collocare un impianto, subirebbe ugualmente la limitazione percentuale anzidetta, ponendo invece a rischio di collocazione terreni confinanti, magari più fragili dal punto di vista ambientale e paesaggistico, perciò oggetto di una tutela che dovrebbe essere “piena” e non certo percentualizzata.
In altre parole, in alcune ipotesi vi sono aree agricole inidonee a qualunque collocazione; altre invece che, alla luce di particolari caratteristiche morfologiche ed orografiche potrebbero essere occupate per la totalità.
La tutela infatti non si realizza attraverso la determinazione aprioristica di un parametro percentuale che, calandosi dall’alto nelle fattispecie concrete potrebbe, anzi, frustare le scopo della sua previsione; bensì prevedendo dei criteri che siano frutto di una visione lenticolare e pianificata del fenomeno. In questa materia, l’introduzione apodittica di un limite numerico, oltre a rischiare di generare collocazioni irrazionali, viola anche il dovere di applicare le linee guida nazionali in modo uniforme in tutto il territorio nazionale, avendo le stesse natura inderogabile ( cfr. Sentenze n. 177 del 2021, n. 69 2018 e m. 308 del 2011 della Corte Costituzionale). L’obiettivo sarebbe infatti quello di dare vita ad una geografia degli impianti omogenea, come vorrebbe anche il principio del Burden Sharing e, prima ancora, quello di eguaglianza costituzionale. Le installazioni andrebbero così ripartite in modo equo nelle Regioni e, a cascata, nei singoli Comuni, secondo parametri fondati su idoneità, ragionevolezza e proporzionalità.
In alcune Regioni il tema della predeterminazione percentuale della superficie occupata, infatti, non ebbe fortuna (ad es. nel Lazio ove la norma che introduceva il tetto del tre per cento quale limite di occupazione con impianti fer del territorio comunale fu poi cambiata per evitare la inevitabile censura della Corte Costituzionale , che poi arrivò quando la successiva nuova normativa dispose la sospensione delle autorizzazioni per otto mesi in attesa della determinazione delle aree idonee - Corte Costituzionale n.221 del 27.10.2022).
Il tentativo citato di limitare lesioni al contesto paesaggistico avrebbe avuto maggiore fortuna approvando il Piano Paesaggistico regionale, incredibilmente assente in Umbria, e poi dettando criteri collocativi adeguati al tema degli impianti fer.
Sta di fatto che il Regolamento ora è stato variato apportando modifiche di dettaglio ma permanendo nel solco della limitazione percentuale graduata fino a scomparire per le CER nell’intento di agevolarle, seguendo la scia della transizione energetica in atto; trascurando però che le CER si modellano su criteri completamente diversi godendo già del favor unionale e nazionale. Escludere per la loro costituzione un limite percentuale rispetto al terreno di installazione non risolve in Umbria le criticità connesse alla possibilità di reperire aree idonee per la collocazione di impianti, considerata inoltre la necessità di valutare, nel caso delle CER, la distanza dalla cabina di connessione, i vari POD (point of delivery – punto di prelievo dell’energia), la potenza degli impianti, ecc..
Sta di fatto che il Regolamento ora è stato variato apportando modifiche di dettaglio ma permanendo nel solco della limitazione percentuale graduata fino a scomparire per le CER nell’intento di agevolarle, seguendo la scia della transizione energetica in atto; trascurando però che le CER si modellano su criteri completamente diversi godendo già del favor unionale e nazionale. Escludere per la loro costituzione un limite percentuale rispetto al terreno di installazione non risolve in Umbria le criticità connesse alla possibilità di reperire aree idonee per la collocazione di impianti, considerata inoltre la necessità di valutare, nel caso delle CER, la distanza dalla cabina di connessione, i vari POD (point of delivery – punto di prelievo dell’energia), la potenza degli impianti, ecc..
Entrando nel dettaglio della modifica attuata dal RR 4/2022, si evidenzia, in particolare, l’articolo 4 del nuovo regolamento, il quale modifica l'articolo 6 che si occupava della installazione di impianti fotovoltaici in aree agricole, rimodulando la potenzialità fotovoltaica dell'appezzamento di terreno in disponibilità del proponente - Intesa sempre quale superficie massima utilizzabile - per l'ubicazione degli impianti con moduli collocati a terra ed individuando tre soglie, rispettivamente del 5%,del 20% , e della totalità a seconda delle fattispecie di installazione .
Si può riassumere il tutto con il seguente schema:
l’articolo 4 RR 4/2022 modifica l’articolo 6 RR 7/2011(Installazione di impianti fotovoltaici in aree agricole) |
La modifica afferisce alla potenzialità fotovoltaica dell’appezzamento di terreno in disponibilità del proponente, intesa quale superficie massima utilizzabile per l’ubicazione degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra. Sono individuate tre soglie (5%, 20%, totalità) a seconda delle fattispecie di installazioni; |
l’articolo 5 RR 4/2022 inserisce il nuovo articolo 6-bis al RR 7/2011 (Installazione di impianti fotovoltaici a terra in aree produttive) |
In analogia con la disciplina per le aree agricole, inserisce delle soglie di potenza fotovoltaica per lo sviluppo della produzione di energia da fonti rinnovabili nelle zone industriali, intesa quale superficie massima utilizzabile per l’ubicazione degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra. La soglia prevista è del settanta per cento della superficie residua libera delle predette aree, nel caso in cui le strutture esistenti, nella medesima area, siano tutte dotate di coperture fotovoltaiche, mentre è al cinquanta per cento della superficie residua libera delle predette aree, nei restanti casi. |
INSTALLAZIONI IN AREA AGRICOLA
LE AGEVOLAZIONI PER LE CER |
Il Regolamento disciplina con percentuali diverse le possibili installazioni, lasciando senza limite soltanto le CER. “Nelle aree agricole di cui alla lettera c) dell’articolo 21 della L.R. 21 gennaio 2015, n. 1 (Testo unico Governo del territorio) la potenzialità fotovoltaica è limitata al: a) “al cinque per cento della superficie dell’appezzamento nel caso di moduli collocati a terra che compromettono la continuità delle attività di coltivazione agricola e pastorale”; b) “al venti per cento della superficie dell’appezzamento nel caso di moduli collocati a terra che adottino soluzioni integrative innovative con montaggio dei moduli elevati da terra, anche prevedendo la rotazione dei moduli stessi, comunque in modo da non compromettere la continuità delle attività di coltivazione agricola e pastorale, anche consentendo l’applicazione di strumenti di agricoltura digitale e di precisione, secondo la configurazione agri-voltaica”; c) “alla totalità della superficie dell’appezzamento nel caso di moduli collocati a terra realizzati dai soggetti di cui al comma 2 dell’articolo 42-bis del decreto legge 30 dicembre 2019, n. 162 (Disposizioni urgenti in materia di proroga di termini legislativi, di organizzazione delle pubbliche amministrazioni, nonché di innovazione tecnologica) convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, L. 28 febbraio 2020, n. 8, nonché di cui agli articoli 30 e 31 del Decreto Legislativo 8 novembre 2021, n. 199 (Attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili). Tali soggetti perseguono l’obiettivo principale di cui all’articolo 42-bis, comma 3, lettera c) del citato d.l. 162/2019” |
Nelle aree classificate quali insediamenti produttivi e per servizi esistenti e di nuova previsione di cui all’articolo 96 del regolamento regionale 2/2015, aventi la caratteristica della continuità, la potenzialità fotovoltaica è limitata al: a) al settanta per cento della superficie residua libera delle predette aree, nel caso in cui le strutture esistenti, nella medesima area, siano tutte dotate di coperture fotovoltaiche; b) al cinquanta per cento della superficie residua libera delle predette aree, nei restanti casi. Nel caso di aree industriali dismesse, di cui all’articolo 97 del r.r. 2/2015, comprese le aree di centrali di produzione di energia termo-elettrica in riconversione, il proponente allega all’istanza un programma di interventi per la rifunzionalizzazione dell’area industriale dismessa e la valorizzazione e riqualificazione del territorio interessato. La potenzialità fotovoltaica è stabilita, anche in deroga al limite massimo di cui al comma 1, d’intesa con la Regione e il comune o i comuni interessati in ragione della dimensione e delle caratteristiche dell’area dismessa e degli interventi programmati. |
Questo lo schema della nuova disciplina.
Purtroppo, in una fase storica che vede deboli i Comuni di fonte alle proponenti gli impianti, e dove è necessario avviare una formazione specifica degli stessi Comuni per poter affrontare adeguatamente la prossima prevista ondata di richiesta di autorizzazioni, sarebbe stato forse più utile modificare la disciplina sulle misure compensative, irragionevolmente limitata dalla Regione Umbria rispetto alle previsioni nazionali. Limitare la corresponsione di quelle misure al due per cento dei proventi (art. 4 co.3 RR 7/2022) - quando il DM 10.9.2010 prevede invece il tre per cento - appare come una riduzione punitiva per i Comuni che trovano nella compensazione ambientale l’autentica ratio della sua funzione: riequilibrare, almeno in modo minimale, l'impatto che gli impianti determinano sul territorio, con ciò consentendo anche una maggior tutela delle prerogative comunali spesso poco considerate.