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Villa Redenta

  • Paragrafo

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La villa, senza dubbio uno dei più bei complessi  architettonici  di  Spoleto,  è  collocata

lungo la Via Flaminia, poco lontano dalla Porta S. Gregorio.

I numerosi resti e frammenti di marmi, l’esistenza di un pavimento romano in cotto a spina di pesce ancora oggi visibile nei pressi  dell’ex  scuderia,  testimoniano  che  il luogo fu sede di importanti ville patrizie suburbane e forse anche di terme e bagni, in considerazione del fatto che nei primi anni del secolo decimosettimo fu rinvenuta una statua di “eccellente lavoro, insieme ad alcuni canali che correvano il terreno qua e colà con diversi andamenti”. Nelle immediate vicinanze della Villa, appena fuori dal muro di cinta, nel 1877 è stato rinvenuto un Mitreo, costituito da un corridoio decorato con figure lungo le pareti laterali, che si allarga presso il muro di fondo, ove si aprono tre nicchie una delle quali era destinata ad ospitare il simulacro del dio Mitra. Nel 1603 il luogo era occupato da un perpulcrum palatium, (cit. in Spoleto in pietra del prof. B. Toscano), mentre in data 31 agosto 1693 la proprietà delle terre dentro la Chiusa del Casino, passa al Capitano Girolamo Pianciani Martorelli, membro di una delle più importanti famiglie di Spoleto. Ai Martorelli la Villa appartenne fino alla metà del 1700.

Sul finire del secolo la proprietà passò, per eredità, a Fabrizio Locatelli (fratello di Francesco Maria vescovo di Spoleto) cui si debbono le opere di rinnovamento che portarono alla nuova configurazione della Villa, che vede aggiungere al corpo principale la vicina dependance e il refettorio; furono anche effettuati i lavori di risistemazione del parco, il rifacimento della facciata esterna della cappella di famiglia, la realizzazione della serra e dell’altra facciata simmetrica, che racchiudono al loro interno il giardino segreto.

A tale proposito è interessante far rilevare che nel 1764 fu stipulato un contratto fra il Marchese Fabrizio Locatelli ed il sig. Fabbri di S. Ippolito di Fossombrone, relativamente all’esecuzione di diversi lavori da scalpellino all’interno della Villa, parte dei quali già realizzati dallo stesso alla data del 16 aprile 1767; dalla lettura del documento si apprende così che il Fabbri è stato anche l’autore di alcuni disegni riguardanti la fontana dell’obelisco, la balaustra ecc.

Dal tono generale della Villa si distacca la Café-house, realizzata in stile tardo rococò, la quale presenta un corpo centrale rettangolare raccordato al muro di cinta da due elementi sinuosi ed è decorata riccamente all’interno con stucchi dorati a foglia e dipinti che ne riempiono le pareti. La realizzazione delle opere, eseguite alla fine del 1700 all’interno del complesso, sembra doversi attribuire all’architetto spoletino Pietro Ferrari, ma è interessante evidenziare anche l’ipotesi di un intervento dell’architetto Giuseppe Valadier, il quale ha operato attivamente a Spoleto in quel periodo con numerose realizzazioni sia nella città che nel territorio. Nel maggio 1805 Pio VII, di ritorno dalla Francia dopo l’incoronazione di Napoleone, fu ospitato dai Locatelli nella Villa, la quale si presentava allora “doviziosamente rinnovata” dopo i lavori di cui sopra; della visita rimane traccia in un’iscrizione nell’atrio, dove erano altresì collocati due ritratti marmorei a forma di grandi cammei rappresentanti i ritratti di Pio VI e Pio VII, che furono venduti e successivamente riacquistati nel 1978 dalla Cassa di Risparmio di Spoleto nella cui sede sono attualmente conservati.

Le alterne fortune ed i debiti contratti dai Locatelli portarono ad ipotecare la Villa che

venne messa all’asta ed acquistata nel 1823 dal Marchese Francesco Marignoli, probabilmente per conto di Papa Leone XII, il quale ne divenne effettivo proprietario un anno dopo (Leone XII della Genga fu Papa dal 1823 al 1829).

La Villa fu ereditata dai conti Fiumi Sermattei di Assisi che la rivendettero verso fine Ottocento al Marchese Filippo Marignoli, senatore del Regno e discendente di Francesco, il quale le impose il nome di “Redenta”, per indicare il riscatto della medesima e la sua riacquisizione al patrimonio familiare.

La Villa continuò comunque per un certo periodo ad essere chiamata “Villa della Genga” in onore a Papa Leone XII e con questo nome viene descritta ne Le cento città d’Italia del 1897 insieme ad un disegno del parco e della fontana centrale.

Nel 1957 la Villa fu venduta ai PP. Minori Conventuali che ne fecero la sede del collegio missionari di S. Antonio.

Nel 1973 è stata acquistata dalla Provincia di Perugia che nel 1995 ha iniziato i lavori di restauro conservativo, consolidamento e riqualificazione funzionale.

Gli interventi che si sono succeduti nel tempo hanno interessato l’ex frateria ed ex scuderia, prevedendo una destinazione d’uso turistico-ricettiva e Ostello della gioventù con annessa sala convegni polifunzionale.

Nel 2000 veniva approvata la destinazione d’uso della Villa ad “Accademia Internazionale della Cucina” da collocare nel corpo principale e negli immobili Café-house, dependance e limonaia; i lavori effettuati e terminati alla fine del 2003 hanno previsto altresì il restauro del parco-giardino.

Il complesso ”Villa Redenta” può quindi oggi essere considerato un luogo di aggregazione per la città di Spoleto, che ingloba al suo interno molteplici nuclei funzionali, i quali interessano sia l’aspetto sociale e turistico-ricettivo (ex frateria ed ex scuderia), sia quello culturale-didattico (Villa Redenta, Café-house, dependance, limonaia) che quello ricreativo (parco-giardino).

Lo splendido parco conserva ancora oggi, nonostante le trasformazioni subite nel corso degli anni, un eccezionale valore culturale ed ambientale. Il patrimonio arboreo ed arbustivo si configura come una associazione costituita da leccio, alloro e bosso a cui si aggiungono altre specie autoctone come l’orniello, l’acero campestre, la roverella, il carpino nero, l’olmo, il corniolo ed altre immesse per la costruzione del sito, quali il tiglio, le conifere ed alcune specie esotiche.

L’impianto del parco-giardino, così come si presenta ancora oggi, fu probabilmente realizzato da Fabrizio e Giuseppe Locatelli verso la metà del XVIII secolo (nel 1693 il fondo veniva ancora classificato, da un atto notarile, come arativo, vitato e pergolato) seguendo il gusto in voga in Italia in quel periodo, che prevedeva uno schema di impostazione romantica e neoclassica, recependo nel contempo le formule paesistiche inglesi, tendenti a ricreare artificialmente le forme naturali.

Questa ricerca del “naturalismo” è ottenuta attraverso l’uso sapiente delle essenze, con la creazione di elementi naturali artificiali come laghetti, vialetti sinuosi ecc. e con l’inserimento di costruzioni neoclassiche all’interno della vegetazione.

Il giardino di Villa Redenta nasce come complemento di una villa suburbana e può essere suddiviso in alcuni elementi organici fondamentali.

Un giardino formale impostato su componenti di assialità e simmetria; lungo il viale principale, ortogonale alla Villa, si incentra la fontana dell’obelisco (realizzata probabilmente da Giuseppe Fabbri scalpellino, nella seconda metà del 1700) che si dispone in posizione centrale e simmetrica rispetto alle aiuole geometriche circostanti, più avanti una balaustra funge da ingresso al piazzale antistante il teatrino. Quest’ultimo, collocato come scenario prospettico alla fine del viale, fu realizzato alla maniera degli edifici classici (con mura in rovina che inglobano autentici frammenti di epoca romana) e costituiva il fondale per le rappresentazioni che si svolgevano nel parterre antistante.

Il parco di impostazione romantica, disegnato in maniera non formale seguendo schemi naturalistici, è attraversato da tortuosi sentieri che ritagliano aiuole di forma irregolare e che accompagnano il visitatore alla scoperta di grotte, rocce artificiali ed altri componenti collocati con l’intento di dare l’idea di “naturalità”. All’interno del bosco vi sono elementi che rendono suggestiva ed interessante la passeggiata; la fontana rupestre, composta da rocce da dove sgorgano le acque che si raccolgono in un laghetto di forma irregolare alla base della stessa; la meridiana, costituita da uno gnomone posto su di una colonna classica, che proietta l’ombra su una platea in cotto dove sono incisi i segni dello zodiaco; la neviera, realizzata in un pozzo scavato nel terreno, munito di scale per l’accesso e la risalita, all’interno del quale veniva, in inverno, costipata della neve che si manteneva ghiacciata anche nel periodo estivo e veniva usata per servire gelati e granite agli ospiti del tempo.

Il boschetto dei lecci è ubicato nella zona Ovest del parco e si integra perfettamente con i finti ruderi realizzati nell’angolo del muro di cinta, i quali simulano le pareti di un edificio 

classico in cui si mescolano sia elementi tipici di un interno ad altri che ne caratterizzano l’aspetto esterno, in modo da creare una sorta di ambiguità prospettica.

Il giardino segreto, collocato sulla sinistra della villa, è ricompreso fra la cappella e l’altra facciata simmetrica in adiacenza della limonaia ed separato dal resto del parco da una balaustra in pietra.

Nella zona Est del parco, in adiacenza delle ex Scuderie, a circa due metri e mezzo sotto il livello delle zone a prato, è possibile ammirare un tratto di pavimentazione romana, realizzata in elementi di cotto posato a spina di pesce; sull’area in cui sorge Villa Redenta furono ritrovati nel 1608 numerosi reperti e frammenti di marmi antichi che testimoniano la preesistenza di un insediamento di epoca romana.

Sempre nella stessa zona, nei pressi del “falso” tempietto dorico e della Café-house sorge uno degli esemplari arborei più interessanti del giardino, un imponente cedrus libani riferibile all’impianto originario, il quale ha un’altezza di circa 19 metri, una circonferenza del tronco di 480 cm ed un’età di oltre duecento anni.

Il parco-giardino di Villa Redenta è stato oggetto di un progetto globale di restauro da parte della Provincia di Perugia, attuato mediante un intervento finalizzato al suo recupero storico filologico.

modificato il 13/11/2020

La villa, senza dubbio uno dei più bei complessi  architettonici  di  Spoleto,  è  collocata

lungo la Via Flaminia, poco lontano dalla Porta S. Gregorio.

I numerosi resti e frammenti di marmi, l’esistenza di un pavimento romano in cotto a spina di pesce ancora oggi visibile nei pressi  dell’ex  scuderia,  testimoniano  che  il luogo fu sede di importanti ville patrizie suburbane e forse anche di terme e bagni, in considerazione del fatto che nei primi anni del secolo decimosettimo fu rinvenuta una statua di “eccellente lavoro, insieme ad alcuni canali che correvano il terreno qua e colà con diversi andamenti”. Nelle immediate vicinanze della Villa, appena fuori dal muro di cinta, nel 1877 è stato rinvenuto un Mitreo, costituito da un corridoio decorato con figure lungo le pareti laterali, che si allarga presso il muro di fondo, ove si aprono tre nicchie una delle quali era destinata ad ospitare il simulacro del dio Mitra. Nel 1603 il luogo era occupato da un perpulcrum palatium, (cit. in Spoleto in pietra del prof. B. Toscano), mentre in data 31 agosto 1693 la proprietà delle terre dentro la Chiusa del Casino, passa al Capitano Girolamo Pianciani Martorelli, membro di una delle più importanti famiglie di Spoleto. Ai Martorelli la Villa appartenne fino alla metà del 1700.

Sul finire del secolo la proprietà passò, per eredità, a Fabrizio Locatelli (fratello di Francesco Maria vescovo di Spoleto) cui si debbono le opere di rinnovamento che portarono alla nuova configurazione della Villa, che vede aggiungere al corpo principale la vicina dependance e il refettorio; furono anche effettuati i lavori di risistemazione del parco, il rifacimento della facciata esterna della cappella di famiglia, la realizzazione della serra e dell’altra facciata simmetrica, che racchiudono al loro interno il giardino segreto.

A tale proposito è interessante far rilevare che nel 1764 fu stipulato un contratto fra il Marchese Fabrizio Locatelli ed il sig. Fabbri di S. Ippolito di Fossombrone, relativamente all’esecuzione di diversi lavori da scalpellino all’interno della Villa, parte dei quali già realizzati dallo stesso alla data del 16 aprile 1767; dalla lettura del documento si apprende così che il Fabbri è stato anche l’autore di alcuni disegni riguardanti la fontana dell’obelisco, la balaustra ecc.

Dal tono generale della Villa si distacca la Café-house, realizzata in stile tardo rococò, la quale presenta un corpo centrale rettangolare raccordato al muro di cinta da due elementi sinuosi ed è decorata riccamente all’interno con stucchi dorati a foglia e dipinti che ne riempiono le pareti. La realizzazione delle opere, eseguite alla fine del 1700 all’interno del complesso, sembra doversi attribuire all’architetto spoletino Pietro Ferrari, ma è interessante evidenziare anche l’ipotesi di un intervento dell’architetto Giuseppe Valadier, il quale ha operato attivamente a Spoleto in quel periodo con numerose realizzazioni sia nella città che nel territorio. Nel maggio 1805 Pio VII, di ritorno dalla Francia dopo l’incoronazione di Napoleone, fu ospitato dai Locatelli nella Villa, la quale si presentava allora “doviziosamente rinnovata” dopo i lavori di cui sopra; della visita rimane traccia in un’iscrizione nell’atrio, dove erano altresì collocati due ritratti marmorei a forma di grandi cammei rappresentanti i ritratti di Pio VI e Pio VII, che furono venduti e successivamente riacquistati nel 1978 dalla Cassa di Risparmio di Spoleto nella cui sede sono attualmente conservati.

Le alterne fortune ed i debiti contratti dai Locatelli portarono ad ipotecare la Villa che

venne messa all’asta ed acquistata nel 1823 dal Marchese Francesco Marignoli, probabilmente per conto di Papa Leone XII, il quale ne divenne effettivo proprietario un anno dopo (Leone XII della Genga fu Papa dal 1823 al 1829).

La Villa fu ereditata dai conti Fiumi Sermattei di Assisi che la rivendettero verso fine Ottocento al Marchese Filippo Marignoli, senatore del Regno e discendente di Francesco, il quale le impose il nome di “Redenta”, per indicare il riscatto della medesima e la sua riacquisizione al patrimonio familiare.

La Villa continuò comunque per un certo periodo ad essere chiamata “Villa della Genga” in onore a Papa Leone XII e con questo nome viene descritta ne Le cento città d’Italia del 1897 insieme ad un disegno del parco e della fontana centrale.

Nel 1957 la Villa fu venduta ai PP. Minori Conventuali che ne fecero la sede del collegio missionari di S. Antonio.

Nel 1973 è stata acquistata dalla Provincia di Perugia che nel 1995 ha iniziato i lavori di restauro conservativo, consolidamento e riqualificazione funzionale.

Gli interventi che si sono succeduti nel tempo hanno interessato l’ex frateria ed ex scuderia, prevedendo una destinazione d’uso turistico-ricettiva e Ostello della gioventù con annessa sala convegni polifunzionale.

Nel 2000 veniva approvata la destinazione d’uso della Villa ad “Accademia Internazionale della Cucina” da collocare nel corpo principale e negli immobili Café-house, dependance e limonaia; i lavori effettuati e terminati alla fine del 2003 hanno previsto altresì il restauro del parco-giardino.

Il complesso ”Villa Redenta” può quindi oggi essere considerato un luogo di aggregazione per la città di Spoleto, che ingloba al suo interno molteplici nuclei funzionali, i quali interessano sia l’aspetto sociale e turistico-ricettivo (ex frateria ed ex scuderia), sia quello culturale-didattico (Villa Redenta, Café-house, dependance, limonaia) che quello ricreativo (parco-giardino).

Lo splendido parco conserva ancora oggi, nonostante le trasformazioni subite nel corso degli anni, un eccezionale valore culturale ed ambientale. Il patrimonio arboreo ed arbustivo si configura come una associazione costituita da leccio, alloro e bosso a cui si aggiungono altre specie autoctone come l’orniello, l’acero campestre, la roverella, il carpino nero, l’olmo, il corniolo ed altre immesse per la costruzione del sito, quali il tiglio, le conifere ed alcune specie esotiche.

L’impianto del parco-giardino, così come si presenta ancora oggi, fu probabilmente realizzato da Fabrizio e Giuseppe Locatelli verso la metà del XVIII secolo (nel 1693 il fondo veniva ancora classificato, da un atto notarile, come arativo, vitato e pergolato) seguendo il gusto in voga in Italia in quel periodo, che prevedeva uno schema di impostazione romantica e neoclassica, recependo nel contempo le formule paesistiche inglesi, tendenti a ricreare artificialmente le forme naturali.

Questa ricerca del “naturalismo” è ottenuta attraverso l’uso sapiente delle essenze, con la creazione di elementi naturali artificiali come laghetti, vialetti sinuosi ecc. e con l’inserimento di costruzioni neoclassiche all’interno della vegetazione.

Il giardino di Villa Redenta nasce come complemento di una villa suburbana e può essere suddiviso in alcuni elementi organici fondamentali.

Un giardino formale impostato su componenti di assialità e simmetria; lungo il viale principale, ortogonale alla Villa, si incentra la fontana dell’obelisco (realizzata probabilmente da Giuseppe Fabbri scalpellino, nella seconda metà del 1700) che si dispone in posizione centrale e simmetrica rispetto alle aiuole geometriche circostanti, più avanti una balaustra funge da ingresso al piazzale antistante il teatrino. Quest’ultimo, collocato come scenario prospettico alla fine del viale, fu realizzato alla maniera degli edifici classici (con mura in rovina che inglobano autentici frammenti di epoca romana) e costituiva il fondale per le rappresentazioni che si svolgevano nel parterre antistante.

Il parco di impostazione romantica, disegnato in maniera non formale seguendo schemi naturalistici, è attraversato da tortuosi sentieri che ritagliano aiuole di forma irregolare e che accompagnano il visitatore alla scoperta di grotte, rocce artificiali ed altri componenti collocati con l’intento di dare l’idea di “naturalità”. All’interno del bosco vi sono elementi che rendono suggestiva ed interessante la passeggiata; la fontana rupestre, composta da rocce da dove sgorgano le acque che si raccolgono in un laghetto di forma irregolare alla base della stessa; la meridiana, costituita da uno gnomone posto su di una colonna classica, che proietta l’ombra su una platea in cotto dove sono incisi i segni dello zodiaco; la neviera, realizzata in un pozzo scavato nel terreno, munito di scale per l’accesso e la risalita, all’interno del quale veniva, in inverno, costipata della neve che si manteneva ghiacciata anche nel periodo estivo e veniva usata per servire gelati e granite agli ospiti del tempo.

Il boschetto dei lecci è ubicato nella zona Ovest del parco e si integra perfettamente con i finti ruderi realizzati nell’angolo del muro di cinta, i quali simulano le pareti di un edificio 

classico in cui si mescolano sia elementi tipici di un interno ad altri che ne caratterizzano l’aspetto esterno, in modo da creare una sorta di ambiguità prospettica.

Il giardino segreto, collocato sulla sinistra della villa, è ricompreso fra la cappella e l’altra facciata simmetrica in adiacenza della limonaia ed separato dal resto del parco da una balaustra in pietra.

Nella zona Est del parco, in adiacenza delle ex Scuderie, a circa due metri e mezzo sotto il livello delle zone a prato, è possibile ammirare un tratto di pavimentazione romana, realizzata in elementi di cotto posato a spina di pesce; sull’area in cui sorge Villa Redenta furono ritrovati nel 1608 numerosi reperti e frammenti di marmi antichi che testimoniano la preesistenza di un insediamento di epoca romana.

Sempre nella stessa zona, nei pressi del “falso” tempietto dorico e della Café-house sorge uno degli esemplari arborei più interessanti del giardino, un imponente cedrus libani riferibile all’impianto originario, il quale ha un’altezza di circa 19 metri, una circonferenza del tronco di 480 cm ed un’età di oltre duecento anni.

Il parco-giardino di Villa Redenta è stato oggetto di un progetto globale di restauro da parte della Provincia di Perugia, attuato mediante un intervento finalizzato al suo recupero storico filologico.

modificato il 13/11/2020
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